Gli incendi tra Camerota e Palinuro sono come un percorso a ritroso: una malefica speculazione sulla natura mentre ogni giorno altri provano ad interiorizzare
Editoriale a cura di Annarita Cavaliere
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Sono troppe le ore per spegnere gli ultimi incendi a Camerota, presso Pozzallo, e a Palinuro, passando dalla Molpa della scorsa settimana all’area del faro. In due settimane sono state divorate dalle fiamme, alimentate dal vento, zone di straordinaria bellezza che incorniciano un senso d’appartenenza drasticamente bruciato in una mangiata di secondi.
Guardarsi intorno e sentirsi sperduti, circondati dal nero e nauseati dalla puzza di fumo, che rimane nelle narici per diversi giorni, assorbendo i misti odori dell’erba: bagnata dalla rugiada o quasi essiccata dal sole, che sfiora la pelle quando si alza il vento.
Il canto delle cicale, che traboccava avvicinandosi agli alberi, fitti di insetti canterini che lasciano poi la lirica ai grilli verso il crepuscolo, si spengono con le fiamme assassine di uno scenario incantato, non solo incantevole, che abita(va) nel Cilento.
Attraversare il Ciglioto e non sentirsi parte di quella dimensione accogliente, guardare verso la Molpa e trovarla denudata delle sue “vesti”, raggiungere le zone colpite dagli incendi in questi ultimi giorni e sentirsi violentati.
La violenza, che non avverte soltanto il cilentano ma anche i turisti, imprigionati in una vacanza che diventa un incubo, terrorizzati e inferociti imprecano contro chi svende l’anima della natura.
Il canadair, che trasporta l’idea del fuoco anche nei suoi colori, disturba e mette in agitazione i cittadini: il suo rumore ricorda quello di una “guerra”, che l’uomo sta facendo alla natura, e quindi a se stesso.
Si spezza l’equilibrio, si crea uno stato di allerta, il panorama non si contempla perché, in prima persona, verrebbe da chiedere scusa agli alberi, alle tante diverse forme di vegetazione del Cilento (molte uniche), ai colori ormai anneriti dalle diavolerie tutte umane.
Definiti spesso incendi dolosi, che potrebbe racchiudere una certa dose di inciviltà, questo scenario di verde infuocato che si tramuta in cenere di ricordi, esprime silente una volontà nascosta che si lascia manipolare da qualcosa di più abile.
Si parla di un Sud dalle dinamiche antiche, incapace di un riscatto, travolto da sistematici atti che annullano le identità collettive. Quando parte un incendio si attiva un vortice sregolato che muove denaro, corrode il suolo dove si sedimentano le conseguenze che si manifesteranno in inverno. Frane che distruggono o portano alla chiusura delle strade, mettendo a disagio chi tenta di arrivare sul posto di lavoro, si interrompono processi naturali di cui beneficiano i pastori e gli agricoltori. Le olive soffrono e si deve attendere per recuperare l’olio perduto, così come il pascolo (da cui derivano formaggi, ricotte e latte) che richiede una costante dedizione, muore tra le fiamme.
A partire da luglio gli incendi hanno invaso la montagna di Licusati in prossimità del Santuario SS. Annunziata, per poi arrivare al Ciglioto, contemporaneamente alla Molpa e sulle spiagge del Mingardo, a cui si aggiungono gli ultimi incendi (tra il 12 e il 13 agosto) che hanno coinvolto il Pozzallo a Marina di Camerota e la zona del faro a Palinuro.
I social network diventano contenitori in cui esplodono polemiche, accuse e invettive contro gli artefici, anche se in veste dolosa, manifestando la profonda insofferenza dei cittadini.
La memoria, le forme e i colori interiorizzati, le attività che si tramandano hanno un valore culturale e umano troppo alto, troppo al di là delle dinamiche assurde che agiscono dando fuoco. Se da una parte ci sono molte persone che, con dedizione e impegno, costruiscono e tutelano il patrimonio naturale, dall’altra c’è chi attende che il meglio fiorisce per dargli quel colpo finale e diventare protagonisti della scomparsa, della distruzione, del percorso a ritroso. Gli stessi che forse un giorno reclameranno di fronte all’incombente risposta della natura, trovando le responsabilità nelle amministrazioni, negli enti e nello Stato italiano.
Foto di Sergio Cavaliere e di Gioacchino Cavaliere per Licusati nel Mondo
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