Home Sport Calcio “Il calcio è libertà. No al vincolo sportivo”. Intervista a Irene Severino

“Il calcio è libertà. No al vincolo sportivo”. Intervista a Irene Severino

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“Il calcio è libertà. No al vincolo sportivo”. Intervista a Irene Severino

“Meglio morire combattendo per la libertà, che vivere da schiavi”. È con questa frase di Bob Marley che intendo iniziare questo articolo ed è la libertà che, purtroppo, nel calcio maschile e femminile, non tutte le società applicano ai loro tesserati.
Negli ultimi mesi il problema del “vincolo” ha interessato molto il mondo dei dilettanti: il 18 giugno, infatti, il TAR del Lazio doveva esprimersi sull’abolizione di tale vincolo, ma purtroppo la sentenza è stata rinviata a data da destinarsi. La notizia è uscita fuori perché ha visto interessato il giocatore Pasquale Mauriello, classe 1990; ma anche nel calcio femminile, da anni, esiste questa “padronanza” delle società a trattenere, fino a 25 anni, le atlete, oppure a costringerle a star ferme fin al compimento di quell’età. In questi giorni, anche il presidente dell’Aic Damiano Tommasi, annuncia l’intenzione di aprire una campagna di sensibilizzazione sul tema del vincolo per i calciatori dilettanti, che dal 2004 è stato portato fino ai 25 anni. Ed è proprio per questo che l’Aic, con l’aiuto di Katia Serra, ha iniziato una propaganda presso le formazioni femminili della Campania e del resto d’Italia.

E’ per questo che ho deciso di raccontare la storia di Irene Severino, giocatrice alla quale è stato vietato dalla società d’appartenenza di svincolarsi. In cambio la società ha chiesto, come ad altre sue ormai ex compagne di squadra, dei soldi.

Irene grazie di aver accettato di raccontarci la tua storia. Cosa si prova a non poter far quello che si ama più di qualsiasi altra cosa?

È un “qualcosa” che ti manca, che ti toglie la libertà e il sorriso, ti toglie il senso di appartenenza per ciò che hai scelto di fare da quando eri piccola. Ti toglie la voglia di credere in un sogno che tanto speravi di realizzare, ti toglie l’emozione che solo una palla che rotola riesce a darti. Chi ha la mia stessa passione può capirmi. È una ferita ancora aperta.

Dove trovi la forza per andare avanti?

Nei valori che mi sono stati insegnati: nella lealtà e sincerità. Nelle piccole cose e nelle tante persone che mi stanno accanto, che mi vogliono bene.

Come speri di vincere questa battaglia?
In questo momento la mia forza sono anche le mie compagne d’avventura perché non sono l’unica a vivere questa situazione. Spero di vincere questa battaglia in modo legale senza illeciti. Vorrei che la Federcalcio ci aiutasse ascoltandoci e che non guardasse solo ai soldi che le società portano alle loro casse.

Concludendo, hai fondato una pagina proprio su questo: che compito avrà in tutta questa situazione?
Quella pagina è stata creata a titolo informativo per le ragazze che si stanno avvicinando ora al calcio e che non sanno ciò che vanno a firmare. Per far sì che i casi come i miei siano sempre di meno e che le ragazze si rendano conto di chi hanno di fronte. Come dice la mia amica Vittoria, anche lei in questa situazione: “La vita è una questione di scelte, giuste o sbagliate che siano, ciò che importa è che sia tu a scegliere….E io scelgo che non è giusto quello che ci stanno facendo, ci stanno facendo combattere contro un sogno che avevamo, anzi che abbiamo, percorso da bambine… E adesso vogliamo la giustizia.” Inoltre vorrei ringraziare un po’ tutti. In primis tutte quelle persone che invece di guardare le mie doti tecniche hanno guardato la mia anima e hanno condiviso con me i miei principi, parlo degli amici Elio Aielli, Andrea Roidi, Alessandro Pennestri, le mie amiche Palma, Ponticiello. In particolar modo vorrei ringraziare la società del Beefutsal Chiaiano per aver ridato fiducia e spensieratezza lo scorso anno. Ringrazio anche chi oggi mi ha tolto il mio sogno, ma mi ha fatto capire quanto posso esser forte senza nascondermi, ma oggi sono qui e mi metto in gioco, mi espongo per i miei diritti e quando finirà questa battaglia io potrò camminare a testa alta.

Questa è la sua storia. Come Irene ci sono tante altre giocatrici che in passato, e tuttora, si sono trovate in questa situazione. È il momento che le società, le istituzioni lasciano libere queste giocatrici, che ogni giorno compiono sacrifici per allenarsi e quant’altro, di coltivare un loro sogno chiamato: CALCIO!

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 (a cura di Isabella Lamberti)