IL SANTUARIO DEDICATO A SAN MICHELE
Percorrendo la strada che conduce al Santuario dedicato a San Michele, ci imbattiamo in edicole, quattordici stazioni della via Crucis, restaurate dalla Cassa Rurale e Artigiana di Fisciano e dal Lions Club di Mercato Sanseverino.
Una maiolica sul frontone della chiesa, dimostra con quanta fede ed arte avessero curato questo percorso.
Le uniche notizie certe riguardo il Santuario, risalgono al 1650, anche se furono avanzate ipotesi anche dallo stesso Giuseppe Amelio, che l’edificazione dell’eremo, possa risalire all’epoca Bizantini Normanna.
Un marmo ed un affresco, raffigura l’illustre esule, ricordando la visita in questo Santuario del Pontefice Gregorio VII, che si recò in compagnia del Principe di Salerno Roberto d’Altavilla (Guiscardo) pochi mesi prima della morte.
Il santuario è la grotta naturale nella roccia del monte, sulle quali pareti si conservano affreschi, ed una scala conduce alla grotta sottostante, una specie di cripta, all’interno della quale c’è un altare in pietra.
Probabilmente la grotta dovette essere una Laura eremitica.
Il nome Laura, dal Bizantino quartiere, un tipo di comunità monastica, in cui i monaci vivevano in celle separate sotto la guida di un Abate, integrando l’esigenza anacoretica a quella comunitaria.
Nascevano villaggi, attorno alla laura, che si servivano della guida spirituale dei monaci.
Nel territorio dei Picentini, diverse laure, tutte dedicate a San Michele arcangelo, Olevano Sul Tusciano, Preturo di Montoro, la grotta dell’Angelo a Banzano.
Chiesa e Convento, dedicati a Sant’angelo in Panicola.
Una relazione del 1650 ricorda:
“[…] situato e posto alla falda di un monte distante
Dai primi vicini casali circa un miglio.
Non si sa da chi
Fosse stato fondato, perché per l’antichità se ne è persa
La memoria”.
Del 1653, una proposta da parte dell’Arcivescovo di Salerno di sopprimere il Monastero affidato ai Padri Agostiniani, assegnandone le rendite compreso l’ospizio “la Canfora” alle parrocchie di Santo Andrea in Villa e di San Nicola in Carpineto.
Nel 1850 Mons. Marino Paglia, Arcivescovo di Salerno, si recò in Santa Visita; a quell’epoca il Monastero era già stato lasciato ai Padri Agostiniani, vi abitava un solo eremita che viveva di elemosine.
Sul pavimento della Chiesa, un pavimento maiolicato (pavimento ora rimosso, in questo elaborato è inserita una immagine rinvenuta nel testo di Giuseppe Amelio “Fisciano e dintorni”), l’arcangelo non in sembianze umane, ma come simbolo-evento.
Una nuvola azzurra, dalla quale spuntano due braccia.
Il braccio destro regge una spada con la punta verso il basso, il sinistro regge una bilancia con il doppio piatto; accovacciato a terra, un diavolo antropomorfo, a ricordarci il San Michele etereo (nuvola) che abbatte il toro.
Sempre Giuseppe Amelio, ipotizzò per il pavimento, una fattura napoletana quasi a farci ricordare il chiostro delle Clarisse a Napoli, Monastero di Santa Chiara.
Per Giuseppe Amelio è di sicura opera del Massa, l’artista “riggiolaro” (Gennaro Borrelli) del settecento napoletano.