Finiti i giochi, finita l’azione; il canto della rivolta è il terzo capitolo dell’appassionante saga Hunger Games con Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson
[ads2]Siamo finalmente giunti al terzo capitolo di una delle saghe più attese degli ultimi tempi eppure dopo molto attendere la sensazione che si prova in seguito alla visione di Il canto della rivolta non è delle migliori.
Questo terzo capitolo dovrebbe rappresentare la resa dei conti per Katniss ( Jennifer Lawrence) che in La ragazza di fuoco, avevamo lasciato al termine dei suoi secondi Hunger games, in stato di shock a seguito delle prime rivolte da parte dei ribelli, ma soprattutto per il rapimento di Peeta ( Josh Hutcherson) ormai nelle mani di Capitol City, regno del perfido Snow ( Donald Sutherland), pronto a tutto per distruggere Katniss e impedire le sommosse dei ribelli, di cui lei stessa è diventata guida e simbolo.
Visto così il quadro generale dell’avventura sembra promettere corse contro il tempo, lotte e grandi battaglie e invece il senso di staticità è quello dominante. Katniss impugna arco e frecce all’inizio del film, per poi utilizzarli solo una volta e lasciare che a recuperare Peeta siano i suo amici, fra cui il povero Gale che rischia la vita più di una volta per la ragazza e tutto questo senza che l’eterna indecisa ricambi il suo affetto, se non per propria convenienza.
Katniss è il tipico personaggio mediatico, infatti, che costruisce la propria personalità in base alle telecamere e, dunque, non si comprende mai quello che pensa davvero, tranne nei momenti di debolezza.
Forse l’aspetto più interessante di Il canto della rivolta è proprio la riflessione sul rapporto fra l’uomo e i media. Questo tema è molto attuale, visti i tempi che corrono e quello che ci insegna il film, nonostante si tratti di fantascienza, è che oggi si è troppo abituati a mostrare una personalità costruita piuttosto che quella reale. In effetti la caratteristica dei film di fantascienza degli ultimi tempi è proprio quella di rappresentare la realtà contemporanea in un contesto originale e futuristico. Il tema più importante di Hunger Games è proprio basato sulla dialettica realtà/apparenza e l’uso dei Media per strumentalizzare la persona.
Oltre questi temi il film è pieno di riferimenti cinematografici e guardandolo non si può fare a meno di pensare ai molti successi cinematografici che prima della saga tratta dai romanzi di Suzanne Collins, hanno raccontato il tema della ribellione alla dittatura.
Possiamo citare, per esempio, V per vendetta con il suo protagonista Guy Fawkes che diventa il volto simbolo della ribellione, proprio come Katniss, nella Londra futuristica di Alan Moore. Abbiamo poi Neo di Matrix, in cui vediamo che i rivoluzionari di Zion abitano nel sottosuolo, proprio come i ribelli del distretto 13 del Canto della rivolta. Lo stesso John Connor in Terminator diventa simbolo della rivolta e, infine, non possiamo non citare Guerre Stellari, la cui saga, anche questa in un futuro indefinito, è tutta concentrata sul discorso della ribellione.
In conclusione si può dire che questa prima parte del terzo capitolo della saga di Collins è il tipico film di passaggio in cui il regista, Francis Lawrence prepara il terreno per la resa finale dei conti in cui si spera in un maggiore dinamismo e carica di tensione come nei due capitoli precedenti.