L’ultima serata del Bari International Film Festival ha visto il trionfo del film di Paolo Virzì, Il Capitale Umano
Il Capitale Umano, uscito lo scorso 9 gennaio in tutte le sale italiane e che ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica, è un racconto in chiave thriller e grottesca di una certa economia e “umanità” italiana dei giorni nostri che si è aggiudicato i premi per la miglior regia, sceneggiatura, montaggio, attore e attrice non protagonista.
Il film Il Capitale Umano è tratto dal romanzo di Stephen Amidon, ambientato però in America, precisamente nel Connecticut. Gli sceneggiatori, come si è detto premiati per la migliore sceneggiatura, Francesco Piccolo e Francesco Bruni, hanno adattato la vicenda alle dinamiche economiche e gli imbrogli tipicamente italiani.
Virzì, che ama mettere a confronto le differenze culturali, politiche e sociali dei suoi protagonisti, in Il Capitale Umano, ci fa notare come, di solito, i ricchi riescono sempre a cavarsela, per mezzi e per una certa dose di fortuna, mentre i poveri, o comunque le classi più svantaggiate spesso subiscono di più i capovolgimenti della sorte e, in questo caso, della legge.
Quella finale del Bifest è stata una serata importante, non solo per la premiazione de Il Capitale Umano, ma anche per la presenza di Andrea Camilleri, che ha ricevuto il premio Federico Fellini per l’eccellenza artistica. Il maestro è stato premiato da Nichi Vendola, Presidente della regione Puglia, che ha sottolineato l’importanza del Bifest come un Festival seguito molto dai giovani. E, infatti, le presenze al di sotto dei 35 anni sono state molte e tanti sono stati gli eventi dedicati alle scuole con le retrospettive dedicate a Massimo Troisi, Gian Maria Volontè e Franco Rosi.
L’anteprima proiettata prima delle premiazioni è stata la degna chiusura del Festival, con l’ultima fatica registica di John Turturro, Fading Gigolo. Il film ha fra i protagonisti il grande Woody Allen, al quale evidentemente Turturro si è ispirato per lo stile vintage e la fotografia sporca che hanno conferito al film un gusto retrò che non può non farci pensare ai film di Allen, come Manhattan per citarne uno del passato e Basta che funzioni, per fare riferimento a uno dei più recenti.
Il film racconta di una coppia di amici, un fioraio part-time ( Turturro), e un libraio ebreo, in pensione forzata che si ritrovano in ristrettezze economiche e decidono di entrare in un giro di gigolò con i nomi fittizi di Virgil (Turturro) e Bongo ( Allen), il primo offre le proprie prestazioni sessuali alle ricche signore, il secondo gli procura gli appuntamenti.
La vicenda si complica quando i due entrano in contatto con una vedova della comunità ebraica di Brooklin (Vanessa Paradis) di cui Virgil si innamora. Ma i due protagonisti non sanno che sta indagando su di loro un poliziotto ebreo.
Il regista ha deciso di entrare subito nel vivo della vicenda, come direbbero i latini, in medias res, senza il classico antefatto introduttivo in cui si presentano i personaggi, per cui dei protagonisti non sappiamo nulla di più di quello che vediamo, senza approfondimento psicologico.
Turturro ci regala una commedia sofisticata e divertente in cui sicuramente il pezzo forte è la verve comica di Woody Allen.
Oltre alla splendida fotografia, il regista dimostra di avere particolare interesse per i dettagli, ogni scena, infatti, è punteggiata da inquadrature che rivelano un dettaglio. Per esempio le mani di Virgil quando sta preparando le composizioni floreali per il negozio.
Il dato importante da considerare è che pur trattandosi, apparentemente, di una commedia romantica, in realtà non è così scontata come sembra. Infatti, non mancherà il finale alternativo.