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Giovi, cronaca di una “ronda” annunciata

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Giovi, cronaca di una “ronda” annunciata

Giovi, appuntamento alle 22 sotto il Circolo “Juppiter” di Piegolelle

E’ una sera di un’incontinenza biblica. Ogni goccia di pioggia sembra quasi puntellare, alimentare la preoccupazione dei giovesi.

L’uomo 1, fattomi salire a bordo, mi conduce alla prima “autovettura statica”, a Giovi Carcavalle: una macchina “a presidio fisso” cioè che, come i castelli e le chiese di un tempo, staziona in un punto strategico.

<Quest’auto rimarrà qui – mi spiega l’uomo 1 – fino a un certo orario. Poi, tra un paio d’ore, si farà dare il cambio.>

Ora salgono a bordo l’uomo 2 e l’uomo 3.

<Cazzo, – provo a stemperare la tensione – certo che con un tempo così, nemmeno i mariuoli avranno il coraggio di mettere la testa fuori dalle loro case.>

L’uomo 2 non lo vedo, sta seduto dietro di me, eppure sento il rimprovero del suo sguardo sulla mia pelle:<I ladri – mi riprende – mettono a segno i loro colpi preferibilmente con la pioggia e con il vento: hanno meno possibilità di fare rumore.>

Inizia il percorso itinerante tra i rioni di Giovi.

Non c’è balcone, spiazzo che, da una ventina di giorni a questa parte, non sia illuminato.

<Una cosa è sicura: non ho mai visto Giovi così piena di luce, eh?>

<Dove ci sono le luci, – risponde sarcastico l’uomo 1 – si accendono. Il problema è che più volte ho segnalato la mancanza dell’illuminazione pubblica in diverse strade…mo ti ci porto.>

A questo punto, e siamo circa alle 23, il nostro tragitto prosegue in posti inghiottiti dalla notte e dimenticati dalla Salerno rutilante di festoni e luci d’Artista.

Qui la torcia intermittente appoggiata sul cruscotto dell’auto di ronda viene ad essere una presenza confortante: le tende delle finestre si aprono e puntualmente, una volta individuatoci, spuntano le mani aperte della riconoscenza.

I giovesi, al solo vederci, si sentono meno abbandonati all’incuria e al disinteresse della politica locale.

All’improvviso l’uomo due, dopo aver visto un’auto lampeggiarci, ha un gesto di stizza:<Eccoli, gli stronzi. Vedi, noi ci facciamo il culo tutte le notti anche per evitare che quei cani sciolti lì – e mi indica un gruppetto spavaldo – possano far danni.>

<Già, – rincara l’uomo 3 – noi siamo tutti coordinati, abbiamo come imperativo categorico la sola segnalazione e denuncia. Su quelli, invece, non possiamo garantire. Ci vuole poco a sentirsi sceriffi…!>

La nostra macchina si ferma per la prima tappa: Giovi San Bartolomeo.

L’uomo 2 bussa al portone. La proprietaria quasi ci obbliga ad entrare.

Manco il tempo di sederci, che la tazzina di caffè è già pronta a stemperare la nostra tensione e a sfrondare loro paure.

<Io ho due genitori anziani, qui. Stiamo facendo i lavori e ho tutta l’impalcatura montata attorno alla casa. L’altra notte, dei rumori. Chiamo le forze dell’ordine e sapete cosa mi rispondono? – sgrana gli occhi, ancora incredula, la proprietaria – Tranquilla, ci sono le ronde giovesi!>

Leggo il disprezzo sul volto dell’uomo 3.

<Buoni quelli, invece di buttarsi nelle terre…perchè è da lì che scappano e si muovono i ladri…invece di buttarsi nelle vie di fuga, dicevo, vengono a farsi i giretti panoramici sul paese e a fermare i residenti…puah!>

<Io non voglio parlare di politica ma…vi rendete conto che i politici locali non fanno niente e che il presidio del territorio lo dovrebbero fare le forze dell’ordine e non voi?>

L’uomo 2, che è la quinta notte consecutiva che è di ronda, abbassa la testa, mortificato.

Tempo dieci minuti, che arriva un wathsApp sul cellulare: “Scusatemi per lo sfogo” – è la proprietaria esasperata di poco fa -“Siete degli angeli.”

Tappa due, Giovi San Nicola. Una giovane coppia, appena la nostra auto si avvicina alla loro abitazione, si affaccia e, al riconoscerci, ci si fa innanzi. La signora ci prega di accettare qualcosa di caldo, un thè, un caffè.

<E’ sempre così. – mi spiega l’uomo 1 – Ci portano il pane, le pizze…a volte siamo costretti ad accettare anche se abbiamo già mangiato se no…ecco, si pigliano collera.>

E l’uomo 2:<Pure i buoni carburanti, acquistati grazie alle offerte spontanee di alcuni giovesi, li rifiutiamo: meglio che li diano ai ragazzini che vogliono collaborare e che, magari, non hanno un lavoro come noi.>

La perlustrazione, a rischio di ammortizzartori scassati e semiassi distrutti, continua per delle mulattiere dove perfino io, giovese da quarantuno anni, non avrei mai pensato si potesse inoltrare il bisogno abitativo delle persone.

La pioggia non smette di cadere come una punizione divina.

Davanti a noi, a un certo punto, si para esausta una piccola frana. Scendiamo dall’auto e alla bell’e meglio cerchiamo di spostare il terriccio e il tronco d’albero ai margini, per consentire il passaggio sulla sede stradale.

L’ultimo giro e siamo giunti, ormai, all’una di notte.

Un ombrello rosso ci taglia quasi la strada. Una vecchietta, finalmente sollevata, ci riempie l’abitacolo di baci e ringraziamenti:<Cca, nun ven mai nisciuno. Se non ci foste voi, figli miei… ‘A Madonna v’accumpagna, sempre.>

Giovi, la nostra Giovi, prende sottobraccio la borsa d’acqua calda della sua pazienza.

Addà passà’a nuttata; quella dei ladri, certamente, ma pure quella dell’incuria e della strafottenza di chi la amministra come un peso e non come una risorsa.

Fine corsa:<Domani, puntuali, ci tocca il turno delle 02.>