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Cinquantesima edizione di Giffoni Film Festival, si riparte dalle stelle

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Cinquantesima edizione di Giffoni Film Festival, si riparte dalle stelle

Cinquantesima edizione di Giffoni Film Festival, presentata “Un’idea spaziale”, il Sindaco di Montecorvino Martino D’Onofrio: “Sarà il planetario più grande d’Europa”

Un’idea spaziale. Come quelle che nascono a Giffoni e che sono destinate a cambiare il mondo. Questa volta, nel segno delle stelle e di tutto quello che rappresentano, non solo nell’immaginario collettivo, ma in termini di lavoro, futuro e sviluppo. Il fulcro di un nuovo progetto che vedrà insieme il Comune di Montecorvino Rovella e Giffoni Opportunity, grazie al lavoro svolto in questi mesi dal Giffoni Innovation Hub, è il futuro planetario, destinato a diventare non solo un attrattore turistico, ma anche un’opportunità di investimento. Ne hanno discusso, nella sala blu della Multimedia Valley, il fondatore e direttore del Giffoni Film Festival Claudio Gubitosi, il sindaco di Montecorvino Martino D’Onofrio, il consigliere comunale Ronaldo Sibilia e Luca Tesauro di Innovation Hub.

L’obiettivo è quello di lanciare un hackathon da tenersi nel mese di ottobre, aperto a cinquanta giovani chiamati a ragionare sulle possibilità di sviluppo della struttura in via di realizzazione nei pressi del santuario della Madonna dell’Eterno. Il primo lotto dei lavori, finanziato nel 2000 dalla Regione Campania, è in fase di completamento, mentre è in via di preparazione il progetto esecutivo per ottenere la seconda tranche dei fondi finalizzati all’acquisto delle attrezzature tecnologiche, a partire da un proiettore che dovrà illuminare la cupola.

Sarà il planetario più grande d’Europa”, ha annunciato il primo cittadino. Un’occasione preziosa, in particolare per i giovani: “La lezione di Giffoni è anche questa – ha sottolineato Gubitosi – Più sei aperto al mondo, più hai il dovere di guardare al territorio. I Picentini sono un brand fatto da undici comuni per un totale di quasi 120mila abitanti. Ci sono realtà note, come la nostra, e realtà meno note, a rischio desertificazione. Io credo che il futuro debba vedere la crescita di tutti, intraprendendo un percorso nuovo. Bisogna abbandonare localismi e personalismi, scegliendo invece la strada della cooperazione. Giffoni ha il dovere di farlo e il mio appello è questo: mettiamo insieme i vari campanili, ma per costruire la più bella cattedrale”. Da anni Montecorvino gode già della presenza di un osservatorio che solletica la curiosità di tanti amanti delle stelle. “Il planetario – ha continuato il sindaco – ci darà una marcia in più per contribuire a fare rete e a crescere insieme”. Ma che differenza c’è tra un osservatorio ed un planetario? A spiegarla il consigliere Sibilia: “L’osservatorio, come dice la parola, è uno strumento di osservazione e si focalizza su alcune zone della volta celeste, mentre il planetario è una rappresentazione dello spazio che consente di ammirare l’intera volta celeste”.

Non si tratta però solo di uno strumento per amplificare la bellezza di un territorio: negli ultimi cinque anni gli investimenti di venture capital in campo spaziale sono cresciuti in modo esponenziale superando i quattro miliardi di dollari solo nel 2019 (fonte Corriere della Sera). In Italia la space economy conta 7mila addetti, 600 imprese, per un valore della produzione di due miliardi e 80 milioni di fondo di venture Primo Space.

Gli obiettivi del progetto, ha chiarito Tesauro, sono quelli di creare un ponte tra Giffoni e Montecorvino con i due poli di sviluppo digitale e tecnologico; coinvolgere la community dei giffoner; creare progetti innovativi di promozione turistica per famiglie e bambini; arricchire l’offerta formativa del planetario con nuovi progetti educativi; sviluppare app e progetti di digital education dedicati al target 6-18 anni. E ancora, migliorare le competenze Stem con format dedicati all’astronomia; supportare startup e progetti imprenditoriali legati alla space industry; sviluppare partnership strategiche con gli stakeholder e creare nuove opportunità di fundraising.

A #GIFFONI50 L’ANTEPRIMA DISNEY: “L’UNICO E INSUPERABILE IVAN”. La regista Thea Sharrock e l’attore Bryan Cranston ai juror: Fondamentale il rispetto per l’altro” Federico Cesari: “Che emozione il doppiaggio”

La cinquantesima edizione di Giffoni Film Festival è iniziata con un’anteprima Disney+, “L’unico e insuperabile Ivan” che debutterà in Italia l’11 settembre in esclusiva sulla piattaforma di streaming. In collegamento da Londra, per un debutto veramente esplosivo, la regista Thea Sharrock. E da Los Angeles uno degli interpreti, Bryan Cranston.

Basato sul pluripremiato libro di Katherine Applegate, il film racconta la storia di Ivan, un gorilla molto speciale che apprende che la vita non è definita dal luogo e dalle circostanze, ma dal potere dell’amicizia e dal coraggio di far sì che avvenga il cambiamento. Una storia indimenticabile sulla bellezza dell’amicizia, sul potere dell’immaginazione e sul significato del luogo chiamato casa.

Giffoni – ha esordito la regista Thea Sharrock – è un festival unico e speciale. Sono onorata di farne parte”. Poi un passaggio sul film: “Non ha pretese di dare tutte le risposte – ha spiegato – ma vogliamo chiederci come noi umani ci comportiamo con gli animali. In particolare, durante la pandemia, vedere questo film aiuta anche a capire che alla base di tutto ci sono il rispetto e la gentilezza. Se pensi agli altri prima che a te, ad esempio indossando una mascherina, allora puoi capire tante cose”.

Con un “buongiorno” in perfetto italiano, Bryan Crasnton ha salutato il pubblico di Giffoni: “Abbiamo girato il film due anni fa – ha dichiarato – C’è voluto un anno e mezzo di postproduzione per gli effetti speciali. Questo periodo ci ha permesso di chiederci se sia giusto ingabbiare gli animali dello zoo o non sia arrivato il tempo di chiudere queste strutture. Non sta a noi dirlo, ma stimolare il confronto è comunque positivo”.

Quando leggo una sceneggiatura – ha continuato l’attore, rispondendo alle domande dei giurati – è fondamentale che mi comunichi qualcosa a livello emotivo come è successo in questo caso. Questo copione mi ha colpito per i temi dell’amicizia e della gentilezza. E poi mi ha fatto interrogare proprio sulla questione degli zoo, su quanto sia giusto tenerli ancora aperti”.

Emozionata la regista nell’ascoltare le reazioni dei juror in sala: “Voi siete i primi ragazzi che hanno visto il film– ha detto – e potete darci una reazione in diretta subito dopo la visione. Due cose mi hanno emozionato. Innanzitutto il senso di responsabilità che ho provato nel raccontare una storia vera e nel tenere alto lo spirito da un romanzo amatissimo negli Stati Uniti. E la seconda è la presenza di Bryan Cranston che ogni giorno sul set faceva scherzi e si comportava in maniera folle tanto da riuscire a tenere alto il morale sul set. Ci ha regalato sempre tanta allegria e di questo lo ringrazio”.

Il film è un mix suggestivo tra live-action e CGI ed è interpretato da Bryan Cranston nel ruolo di Mack, il proprietario del centro commerciale, mentre Ramon Rodriquez è George, l’impiegato del centro e Ariana Greenblatt è sua figlia, Julia. Nella versione italiana gli attori Stefano FresiPaola Minaccioni e Federico Cesari prestano la voce rispettivamente a Bob il cane, Henrietta la gallina e Murphy il coniglio. E a parlare del film a Giffoni è stato, in presenza, l’attore Federico Cesari, in veste di doppiatore. “Giffoni film festival – ha detto – è sempre un’esperienza totalizzante. È stupore, è confronto. Significa stare sempre in contatto con persone ed essere circondato da tanti ragazzi. È bello stare qui, ci si sente a casa in questo ambiente che diventa quasi familiare”.

Avevo un po’ di paura non provenendo dal doppiaggio – ha detto –  Come ogni esperienza nuova un po’ elettrizza e un po’ spaventa. Prestare la propria voce al coniglietto Murphy significa entrare nel personaggio. Murphy è esagitato, è un’altra cosa rispetto al dover recitare ed essere diretto in una pellicola. Esperienza straordinaria, anche perché sono cresciuto con i film Disney – confessa – Il mio preferito è Robin Hood”. 

GIFFONI IMPACT, GAETANO PECORARO E LODOVICA COMELLO RACCONTANO LA TRASFORMAZIONE DEL PODCAST

Trasformazione è la parola chiave. Succede a fronte di evoluzioni e cambiamenti in grado di lavorare sul pensiero, dove la tecnologia interviene sul rapporto tra consumatore e prodotto. Così la Masterclass Impact, presentata da Niccolò De Devitiis, racconta lo strumento del podcast, su cui puntano i grandi del settore, in particolare Dopcast, produttore di contenuti frutto della joint venture tra Sony Music Italia e l’agenzia MNcomm.

L’idea di Lino Prencipe, responsabile per Sony Music della distribuzione digitale dei contenuti prodotti sulle piattaforme digitali è una democrazia del settore. «La musica è stato il primo mondo a trasformarsi col digitale da vent’anni», ha spiegato Prencipe, «dove creatività e qualità dei contenuti regolano lo sviluppo». “Armisanti!” sarà il titolo dei racconti d’inchiesta curati dal giornalista siciliano Gaetano Pecoraro, concentrati su storie irrisolte di mafia. «Non sapevo assolutamente nulla dei podcast – ha detto – ho avuto delle proposte e ho lavorato sulle storie. “Armisanti!” è un vecchio culto siciliano rivolto agli spiriti morti nel sangue e nella violenza, che potevano diventare oggetto di preghiera per chi restava sulla terra. Secondo tale credenza anche un mafioso poteva diventare un riferimento, aiutando le persone a uscire da situazioni di pericolo. Noi raccontiamo quattro storie con un lavoro di gruppo, vite mafiose e morti ordinarie che casualmente incrociano la loro vita».

Lodovica Comello, attrice e conduttrice, ha realizzato un diario della sua esperienza di neo-mamma col podcast “Asciugona” giunto alla seconda stagione. «Ho raccontato ogni cosa di mio figlio Teo, provando a proteggerlo allo stesso tempo e non so cosa penserà quando sarà più grande. La cosa più simpatica, quando aveva ancora il cordone ombelicale, non appena mi fu messo in braccio, fu che mi fece cacca addosso immediatamente». L’intera storia è esplosa durante il lockdown, raccogliendo grande seguito. «Il podcast è nato per caso, per poi esplodere in coincidenza con la pandemia, tutto fatto in maniera domestica. La cosa che mi ha colpito immediatamente è il seguito, le domande di chi mi ascolta e le mamme che mi chiedono consigli di ogni sorta», ha aggiunto Comello. Il format del podcast, Dopcast in particolare, guarda al futuro dello storytelling, mettendo insieme ambiti diversi, sottolineando la forza della qualità e della creatività, in grado di superare i limiti dei prodotti video attuali, affondando nelle storie.

Giffoni Film Festival , Truffaut: in un film la storia di una momento indimenticabile

L’uomo che rapì Truffaut. Ovvero la storia del “rapitore” che venne rapito a sua volta dall’uomo che aveva rapito. Nella sala intitolata proprio a François Truffaut, il giornalista Antonio Fiore e il regista Luciano Del Prete incantano i giurati +16 con l’incredibile storia dell’intervista abilmente “estorta” al regista francese in un’estate di 38 anni fa. Correva l’anno 1982 quando, rispondendo all’invito del direttore Claudio Gubitosi, Truffaut e la sua compagna Fanny Ardant, a dispetto dello scetticismo dei più, presero parte al festival. “Era un’altra Giffoni, un’altra epoca”, racconta Antonio Fiore. Che, inviato de Il Mattino, chiese a Gubitosi un’intervista in esclusiva al genio francese. Ma come fare? L’intuizione: fingere di essere l’autista che avrebbe accompagnato Truffaut al ristorante. Nel docufilm, girato a Giffoni, è lo stesso Fiore a raccontare la storia. Tra diverse citazioni dei film del regista e la testimonianza di Gubitosi su quei “tre giorni memorabili”, è Fiore a descrivere, non senza ironia, la paura della coppia in giro per le strade buie della città in balìa di uno sconosciuto ammiratore.

Mai avrei immaginato che questo film, da me interpretato, sarebbe stato proiettato nella sala dedicata a Truffaut nell’ambito del festival da lui definito come il più necessario”, esclama Fiore. Che ancora si emoziona nel ripercorrere quelle che definisce “le tre ore memorabili della mia vita”. Un racconto che è pure una rivalsa: “Dopo anni che racconto questa storia ad amici e parenti increduli, adesso li porto a vedere il film e si convincono che davvero è accaduta”, sorride. Anche il regista non fa mistero del suo dubbio iniziale: “Ero un po’ scettico – confessa Del Prete – Poi siamo andati alla redazione del Mattino per trovare traccia dell’intervista. E l’abbiamo trovata”. E spiega: “L’idea di fare il film nasce così, dal racconto di un amico di una storia che ha dell’incredibile. Ho pensato subito che volevo farci un documentario. Mi sembrava impossibile che un fatto così non fosse stato ancora raccontato. Poi mi piaceva che di Truffaut esistesse una piccola storia che nessuno conosceva”. E ammette: “Questa esperienza mi ha dato molto, mi ha fatto conoscere persone non solo brave professionalmente ma anche belle”.

Il ricordo di quell’avventura ha segnato la vita di Fiore: “Ho fatto migliaia di interviste – spiega ai giurati curiosi – Quasi sempre si rimane delusi, specie al cospetto di personaggi per cui si prova stima. Truffaut rientra tra le pochissime persone del mondo dell’arte che non mi hanno deluso. Era esattamente come me lo aspettavo, molto attento agli altri, propenso a cercare sintonia. Una persona discreta ma attenta, curiosa. Mi ha dato la sua cordialità, un’attenzione spirituale al contatto umano che spero di essermi portato dietro nella vita di tutti i giorni, non sempre riuscendoci”. Infine, l’invito ai ragazzi: “Vedete i film di Truffaut”.