Una vera ovazione. Un lungo e commosso applauso ha accolto il regista Daniele Vicari, ieri ospite della MasterClass della 42esima edizione del Giffoni Film Festival. Un omaggio che viene dal cuore di tutti i ragazzi che ieri, alle Antiche Ramiere, hanno animato un dibattito acceso, fresco, mai banale, fatto di spunti continui, concentrati soprattutto su Diaz, ultima fatica di Vicari sui tragici fatti del G8 del 2001.
“Per questo film non mi sono ispirato a nessuno – commenta il regista – ma solo agli atti del processo. Le cose che vedete sono accadute davvero“. Come raccontare tanta violenza allora? “Il cinema deve sporcarsi le dita – precisa – la violenza è difficile da raccontare soprattutto per me. L’unico modo per farlo era guardarla direttamente in faccia!“. Immancabile la domanda sui provvedimenti emessi la settimana scorsa, riguardanti le persone, giovani e poliziotti, coinvolte nei fatti della Diaz. “Non ho risentimenti – precisa Vicari – ma perplessità e tristezza. Sia la vicenda in sè, che le condanne, sono il risultato di una cattiva gestione della vicenda. Ma sono solo processi, la verità storica non è stata raccontata“. Alla base errori di gestione quindi? “La classe dirigente non ha voluto chiarire le cause profonde di Diaz – precisa il regista – i fatti peggiori di sangue non sono stati giudicati. La democrazia a Genova e Bolzaneto è scomparsa“.
Un lavoro lungo quello su Diaz: 130 attori e riprese effettuate in Romania. “Abbiamo scelto gli attori in base al loro coinvolgimento emotivo – spiega Vicari – dopo che gli avevamo fatto visionare un falso documentario diretto da me, montato con spezzoni video sui fatti di Genova. Alla fine – conclude – si è creato un clima come quello che c’era nella Diaz, globale e multilingue“. Qual è la missione di un film come Diaz? “Avevo paura che il film non avesse alcun futuro – precisa il regista – poi dopo Berlino è stato venduto in tutto il mondo. Stiamo cercando di portarlo nelle scuole e Sky e Rai lo stanno acquistando. Qualcosa si sta muovendo allora. Il mio non è un film civile, perchè non cerco condanne o prove eclatanti – continua Vicari – ma è un film terrificante, nel senso che pensare che cose come queste siano accadute davvero non mi fa dormire la notte, voglio che lo spettatore esca dal cinema con degli interrogativi“.
Non manca una riflessione sul futuro dei giovani. “Siamo in un momento di sospensione della democrazie, non solo in Italia, ma in tutta Europa. La parola democrazia serve alla politica solo a vendere patatine – continua il regista – dobbiamo rivendicarla, perché è nostra. Non dobbiamo dormire o autocensurarci, dobbiamo farci domande giuste, per non commettere sempre gli stessi errori“. Alla fine Vicari è stato omaggiato con il Premio Giffoni, sotto un’altra pioggia di applausi. “Il Giffoni è vera democrazia – conclude Vicari emozionato – qui tutti, pubblicamente, possono dire la propria ed essere ascoltati“. Il Giffoni Film Festival, ancora una volta, regala emozioni che vanno dritte al cuore.