Un’intervista fotografica ricca di storia e di spunti politici interessanti quella che il prof. Virgilio D’Antonio ha realizzato con Gianfranco Fini all’Università degli Studi di Salerno
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L’ex Presidente della Camera si racconta in quasi due ore di convegno: un lungo trascorso fatto di ricordi sull’inizio della sua avventura politica fino alla rottura con Berlusconi. Un’unica grande storia di una delle personalità più importanti della vita politica italiana, che vede nella ribellione alle imposizioni sulle opinioni l’unico filo conduttore del racconto.
“Non avevo precise opinioni politiche – esordisce Gianfranco Fini – Mi piaceva John Wayne, tutto qui. Arrivato al cinema, beccai spintoni, sputi, calci, strilli perché gli estremisti rossi non volevano farci entrare. E così per reagire a tanta arroganza andai a curiosare nella sede cittadina della Giovane Italia. Ho cominciato a fare politica proprio per questo”.
Particolarmente interessante è il passaggio della seconda foto-intervista nel quale si approfondisce in modo dettagliato il rapporto che Fini ha avuto con Giorgio Almirante. Il politico bolognese parte dalle differenze sostanziale sul periodo storico che scandiva in modo incisivo il modo di fare politica in Italia.
“La cultura politica ai tempi di Almirante era intrisa d’ideologie, c’era un enorme rispetto per quello che si faceva e sulle idee che si portavano avanti. La differenza, soprattutto negli anni di piombo, era quella d’individuare le persone che non avevano le tue stesse idee come nemici. Oggi i tempi sono cambiati e chi non la pensa come te non viene più considerato un nemico, ma un avversario con cui a volte collaborare”.
Almirante, secondo l’analisi di Fini, si pone all’interno di coloro che anche dopo l’ingresso della democrazia in Italia non hanno sotterrato ciò che di buono il Fascismo aveva prodotto, credendo e individuando il Movimento Sociale come l’unica vera alternativa ai partiti. Un modo di concepire la destra del tutto innovativo e che poi è entrato in crisi con la deriva berlusconiana.
“Prima di recarsi a Via D’Amelio – continua Gianfranco Fini analizzando una vecchia foto del FUAN – Borsellino aveva fatto colazione con l’onorevole Pippo Tricoli, suo vecchio amico ai tempi dell’università. Il magistrato palermitano in gioventù fu militante del movimento universitario del MSI, il FUAN, e mai cercò di cancellare le sue simpatie politiche. Quando però dedichi la tua vita all’ideale della giustizia e per quell’ideale tu ci perdi la vita non si può più parlare di destra o sinistra, ma di convincimenti. Gli stessi che nella vita ti portano successivamente a delle decisioni”.
Terminata la prima parte, più storica, dell’incontro, la seconda è tutta incentrata nel tema delle riforme. Gli argomenti toccati sono molteplici: dalla modifica della Costituzione, alla fine del Bicameralismo perfetto sino a giungere alle politiche economiche dell’Unione Europea. È proprio su queste che l’ex leader di AN cerca di condividere le sue ricette: “L’Euro è il caso più clamoroso di sovranità nella politica monetaria condivisa, ma esiste un punto debole a tutto ciò: l’Italia ha un carico fiscale e una crescita economica differenti dagli altri Paesi. Senza condivisione di politiche fiscali ed economiche non si può andare avanti con un certo criterio”.
Gianfranco Fini prosegue spedito fino ad arrivare a uno dei punti nevralgici della sua carriera politica: la nascita del PDL e la definitiva deriva del rapporto con Berlusconi.
“Sono stato sempre convinto – prosgue Fini – nel realizzare con Berlusconi un nuovo contenitore politico che racchiudesse in una sorte di Bipolarismo le forze di centrodestra. La cosa che non perdono a me stesso – prosegue – è stata quella di dover sopportare continuamente un’imposizione aziendalistica del partito da parte sua“.
“C’è stata, infatti, un’opportunità per l’Italia di arrivare al bicameralismo perfetto, esattamente nel momento in cui D’Alema divenne Presidente della Commissione parlamentare per le Riforme Costituzionali: ci fu un accordo con la sinistra per il bicameralismo perfetto e per la riforma elettorale, ma a far saltare l’accordo – conclude Gianfranco Fini – fu Berlusconi perché in quella riforma voleva inserirci anche la riforma della Magistratura. Soprattutto, fu il suo modo di fare, che quasi imponeva le decisioni non badando alla forma, cosa a cui, invece, bada molto Matteo Renzi, il motivo di questo mancato accordo. Una vera occasione sprecata dall’Italia per cambiare il sistema”.
È stata dunque la continua volontà di Berlusconi d’imporre posizioni sulle opinioni che ha portato alla definitiva rottura con Gianfranco Fini; la stessa volontà che, 17 anni fa, partendo da un film di John Wayne sancì il suo ingresso in politica.
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