Sei mesi alla caposala Elena D’Ambrosio pizzicata su una spiaggia di Vietri. Assolto Giovanni Caputo, in 12 sono stati rinviati a giudizio tra cui Carmine De Chiaro
[ads1]
Condannata a sei mesi di reclusione la caposala Elena D’Ambrosio, dodici rinvii a giudizio e un’assoluzione per la vicenda dell’assenteismo al Ruggi.
A oltre un anno dal blitz “Just in Time” arriva la decisione del giudice per le udienze preliminari Pietro Indinnimeo per i presuntii fannulloni dell’ospedale: assistiti tra gli altri, dagli avvocati Michele Sarno, Ivan Nigro e Gino Bove dovranno difendersi dalle accuse di truffa e violazione del decreto Brunetta, il prossimo 23 febbraio davanti al giudice monocratico Sorrentino Carmine De Chiaro, Santo Pepe, Marisa Palo, Vincenzo Califano, Carmela Di Paolo, Ciro Cuciniello, Luisa Gargano, Enrico Severino, Francesco Fasano, Lucia Grillo, Antonio Criscuolo e Raffaele Aucino.
Assoluzione per Giovanni Caputo: per lui, difeso da Michele Tedesco, il Gup ha ritenuto che non ci fossero gli estremi per un processo. La caposala Elena D’Ambrosio (avvocato Michele Sarno) è stata giudicata con il rito abbreviato ed è stata condannata a sei mesi di reclusione rispetto a un anno e 10 mesi chiesti dal Pm Francesco Rotondo. Rigettata la richiesta dell’ospedale Ruggi che aveva avanzato una provvisionale da 20mila euro.
L’indagine
Sette dipendenti furono licenziati senza preavviso prima della conclusione indagini nello scorso gennaio dall’ex manager del Ruggi Vincenzo Viggiani. L’indagine era partita da una denuncia di Giuseppe Cicalese, sindacalista e dipendente dell’azienda ospedaliera universitaria, che aveva rilevato anomalie nel ricorso al lavoro straordinario ed episodi in cui il personale si allontanava dal posto di lavoro subito dopo aver timbrato il cartellino segnatempo, oppure dopo averlo fatto timbrare a colleghi compiacenti.
A settembre del 2015 il blitz della Guardia di Finanza che- tramite telecamere- aveva appurato che i dipendenti si assentavano durante l’orario di lavoro per svolgere mansioni personali, come fare la spesa, giocare a carte oppure andare in spiaggia. Per Francesco Rotondo (che ha iscritto sul registro degli indagati altri 258 dipendenti, archiviandone 215) era una “costanza davvero rilevante con la quale le condotte illecite erano state poste in essere, nonostante il breve lasso temporale in cui gli indagati sono stati monitorati”.
Ieri la prima tranche dell’inchiesta è finita con dodici rinvii a giudizio, un’assoluzione e una prima condanna.
Collaborazione con Le cronache del salernitano.
[ads2]