Tema attuale l’emigrazione, radice storica del Cilento e del meridionale. L’Ensemble dei solisti dell’Orchestra del Cilento ne interpreta il senso nella chiesa di Sant’Alfonso
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Domenica, 6 settembre. Chiesa Sant’Alfonso in onore della Beata Vergine di Coromoto – Dentro la perfezione del suono, in un’esecuzione musicale morbida e variopinta, l’Ensemble dei solisti dell’Orchestra del Cilento racconta l’emigrazione attraverso brani della tradizione seguendo un percorso culturale che coincide con l’avvicinarsi graduale del pubblico al tema, che si riscalda man mano fino all’applauso finale caldo e festoso.
L’emigrante parte dalla sua terra, la pensa più volte, si augura di cambiare le sue sorti, prova nostalgia, la vive da lontano e la rivive tornandoci. Il viaggio dell’emigrante è un corollario di sentimenti in conflitto: nostalgia e rifiuto, mito e memoria, amore e odio.
L’Ensemble scrive un discorso musicale che si snoda tra partenza, ricordo, consapevolezza delle proprie origini, e, dopo una serie di brani che narrano lo stato d’animo dell’emigrante, dedica una buona parte del concerto alla presa di coscienza culturale delle proprie origini.
La canzone napoletana e cilentana, che contengono già il senso dell’eterno emigrante nel mondo, sono anche la testimonianza di una consapevolezza storica precisa, e poi di un vanto.
Partenza. Chesta è la Terra mia, cantata da Beatrice D’Alessandro accompagnata dalla chitarra di Oreste D’Alessandro, baritono che continua a parlare della partenza con So nato a lu Ciliento e Terra straniera.
Arrivo e preghiera. All’allontanamento dalla propria terra segue la preghiera, la speranza in un mondo nuovo in cui realizzare i sogni infranti; introduce questa nuova fase dell’emigrante il soprano Teresa D’Alessandro. Una voce straordinaria, che accarezza le note e si lascia trasportare tutte le volte dall’amore per la musica. Il soprano si commuove quasi, e non lascia nessuno indifferente. Insieme alla voce possente del baritono Oreste D’Alessandro e a quella melodiosa e soave di Beatrice D’Alessandro, si vive la catarsi dall’emigrazione.
Catarsi perché ogni testo è profondamente interpretato e tecnicamente perfetto, da riscaldare gli animi confusi e tristi di un pubblico che ripensa alla propria storia e al presente con nostalgia e paura.
Radici. Il passaggio alla canzone napoletana è segnato dall’interpretazione del soprano dell’Ave Maria di Gounod: un momento in cui le emozioni si liberano e vivono il concerto in una prospettiva nuova.
Ecco che Mamma, A canzone e Napule, Fenestra vascia, Silenzio cantatore (Oreste D’Alessandro, voce) colpiscono il pubblico numeroso al punto di anticipare l’applauso alla fine del brano di Bovio, emozionando anche il baritono.
Le nostalgiche e calde note di Beatrice D’Alessandro interpretano brani, come Santa Lucia e Voce e’ notte, nella fase della preghiera dell’emigrante e nella contemplazione di un amore tormentato. Il sentimento del meridionale è unico, è “dolce e amaro“, ma ha “sempre parole d’amore“. Teresa D’Alessandro, pienamente inserita nella fase della consapevolezza e celebrazione della memoria storica della canzone napoletana, si dedica al brano O paese d’o sole, preceduta da un Torna a Surrientu cantata con il cuore.
L’aria è ormai calda in chiesa. L’Ensemble dei Solisti dell’Orchestra del Cilento ha curato tutte le sfumature musicali, grazie alla composizione ben equilibrata e agli arrangiamenti sempre curati minuziosamente dal maestro Manfredo D’Alessandro (anche all’oboe). Corrado Marciano alle percussioni, Vincenzo Nicolella al flauto traverso, Luciano Vitale al mandolino, Beatrice D’Alessandro alle tastiere. Una struttura tale che modula il colore del suono, rendendolo una presenza tangibile, suggestiva, tridimensionale.
Funiculì funiculà, nel duetto Teresa e Oreste D’Alessandro, e infine con O’ sole mio, interpretato dalle tre voci in scena, segnano la fine del concerto dell’Ensemble dei solisti dell’Orchestra da Camera del Cilento e Vallo di Diano, in una standing ovation toccante, in cui le emozioni di cui si dona si sono confuse con chi ha ricevuto, nella magica trasposizione dalla rigidità degli animi all’empatia.
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