All’interno e all’esterno dei locali la responsabilità del gestore per disturbo della tranquillità pubblica è da provare
[ads2]Secondo la Cassazione, la responsabilità del gestore di un locale per aver omesso di esercitare il suo potere di controllo sui propri clienti sussiste in generale quando i comportamenti di quest’ultimi sfocino in condotte lesive della quiete pubblica. All’interno del locale il gestore sarà ritenuto responsabile, mentre all’esterno si dovrà provare che il mancato esercizio del potere di controllo da parte sua sia la diretta conseguenza del verificarsi dell’evento lesivo (il disturbo della tranquillità pubblica appunto). Questa è sommariamente la decisione per il caso in commento risolto con la Sentenza n. 37196 del 05.09.2014, della Terza Sezione Penale della Cassazione, ma vediamone le ragioni in concreto. Il gestore di un locale può, specie se all’interno del locale, sia richiedere l’intervento della forza pubblica per sedare schiamazzi o altro e sia porre in essere il suo ius excludendi (diritto di escludere) individuando taluni soggetti astrattamente idonei per così dire a creare fastidi e perciò invitandoli a lasciare il proprio esercizio.
La Giurisprudenza, dal canto suo, si era già in precedenza pronunciata sulla questione enunciando che risponde del reato di cui all’art. 659 codice penale il gestore di un locale pubblico che ometta di ricorrere “ai vari mezzi offerti dall’ordinamento come l’attuazione del ius excludendi e il ricorso all’autorità” per evitare “che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica” (v. rispettivam. Cass. pen. Sez. 1 n. 48122 del 3.12.2008 e Cass. Pen. Sez. 6 n. 7980 del 24.5.1993). Se, invece, il disturbo del riposo e delle occupazioni da parte degli avventori dell’esercizio pubblico avvenga all’esterno del locale, per poter configurare la responsabilità del gestore è necessario provare che egli non abbia esercitato il potere di controllo e che da tale omissione sia scaturita la verificazione dell’evento. Impresa non proprio facile direi. Comunque, la ratio della norma è basata sul fatto che, ancorché la lamentela sia contestata da una sola persona, il disagio del rumore e degli schiamazzi deve avere una tale diffusività che la situazione che ne deriva sia potenzialmente idonea ad essere risentita da un numero indeterminato di persone (cfr. ex plurimis Cass. pen. sez. 1 n. 47298 del 29.11.2011). Tuttavia il P.M., nel suo ricorso per il caso di cui trattasi, afferma che sarebbe stato possibile per i gestori scoraggiare gli schiamazzi all’esterno del locale somministrando le bevande in bicchieri non da asporto in modo da costringere i clienti a rimanere all’interno del locale ma, sfortunatamente, non è stato possibile provare quanti e quali soggetti all’esterno avessero bicchieri da asporto di un dato locale piuttosto che di un altro.
Fra le righe, va sempre detto che trattasi pur sempre di sentenze emanate da una singola sezione della Cassazione. Si ricorda infatti che, anche se queste pronunce costituiscono dotti e rilevanti precedenti giurisprudenziali, al contrario, solo le sentenze a sezioni unite (le tre sezioni unite penali o le altre tre ss. uu. civ.) possono dettare legge, cioè, far sì che quella sentenza diventi un vero e proprio “principio di diritto” cioè una disposizione normativa da osservare che, rispetto a tutti i casi “rientranti in quella fattispecie” (uguali o simili), risolve la vicenda e si applica come già deciso in passato. Ebbene, rivediamo l’articolo 659 del cod. pen. rubricato ”Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”: “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309. Si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità.”
Infine, si espone la Massima (la sintesi della decisione) della Sentenza n. 37196 del 05.09.2014, espressa dalla Cassazione: “Non risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore del locale che abbia esercitato correttamente i poteri di controllo e, ciononostante, non sia riuscito ad impedire gli schiamazzi avvenuti all’esterno dell’esercizio commerciale”. Nella specie, era stato soltanto accertato che, all’esterno dei locali, stazionavano numerosi giovani che si trattenevano a consumare bevande, dando luogo a “schiamazzi, urla e risate” e il Tribunale evidenziava che i gestori non avevano alcun potere per impedire siffatti schiamazzi sulla pubblica via o almeno per persuadere i soggetti “a tenere un tono di voce più moderato”, essendo essi “sforniti di qualsiasi potere coercitivo in caso di rifiuto”. Soprattutto, “neppure si poteva addebitare ai gestori di non aver fatto ricorso all’Autorità di Pubblica Sicurezza per far cessare le condotte poste in essere dagli avventori (peraltro all’esterno del locale), avendo la Polizia municipale di Firenze effettuato numerosi sopralluoghi e verifiche, senza però impedire il perpetuarsi di quelle condotte o quanto meno sanzionarle.”