“Desdemona è tornata”, regia e drammaturgia di Anna Maria Bruni sarà in scena al Troisi domenica 7 Agosto
Tre donne che lottano per l’autodeterminazione. Contro stantie convenzioni sociali, che le vorrebbero schiacciate e incasellate in un ruolo ben definito e immutabile, contro la violenza fisica e psicologica di chi, giurando di amarle e di agire esclusivamente per il loro bene, ne celebra giornalmente – a scena aperta – il funerale. Il funerale dell’anima: questo è “Desdemona è tornata”, regia e drammaturgia di Anna Maria Bruni, in scena domenica 7 Agosto al Teatro Troisi di Casalbuono (SA), sipario alle 19.30.
Le dichiarazioni della regista
Bruni, come nasce l’idea dello spettacolo, quali i temi e il messaggio che intende lanciare?
Lo spettacolo nasce dal laboratorio teatrale “Spazio Donna”, che tengo a San Basilio, nella periferia di Roma. I temi sono quelli venuti fuori dall’ascolto delle storie di tante donne: storie di chi chiede rispetto e parità dei diritti in una società però spesso divisiva, sessista, che ci sottovaluta. Andiamo in scena con il sostegno della Cooperativa “Be Free” e della Ong “We World” che ha come obiettivo quello di porre un freno ai matrimoni precoci ancora in uso in diverse parti del mondo, tema anche questo che affrontiamo all’interno dello spettacolo.
Il claim dello spettacolo è “Non scriverete mai più la vostra storia sui nostri corpi”. E’ vero che il corpo delle donne diventa spesso oggetto di discussione, contesa e lotta, si veda per esempio la sentenza della Corte Suprema americana che non garantisce più a livello federale il diritto all’aborto. Ha paura che certi oscurantismi possano ritrovare manforte anche in Italia?
Più che una paura, direi che il forte ostracismo nei confronti del diritto all’aborto in Italia è una realtà. La legge 194 è una grande conquista del movimento femminista degli Anni Settanta, che però nei fatti è resa di difficile applicazione, non da ultimo dalla presenza di un gran numero di obiettori di coscienza. La storia odierna ci insegna che i diritti non sono conquistati una volta per tutte. Tenere alta la guardia è necessario, e noi lo facciamo attraverso il teatro.
A Settembre si vota. Cosa chiede alla Politica, in particolare in materia di diritti civili e posizionamento della cultura nell’agenda di Governo?
Sicuramente di ascoltare di più la società, che spesso è molto più avanti di quanto la politica non sia. Pensi solo al DDL ZAN o all’ennesima auto-denuncia di Marco Cappato, che ha voluto solo garantire il diritto ad una morte serena ad una persona che non riusciva più a trovare ragioni per vivere. Sui diritti civili abbiamo fatto degli enormi passi indietro, quando una società per crescere dovrebbe invece tenerli in gran conto: il diritto al lavoro, all’accoglienza, alla cittadinanza italiana per i bambini nati qui da genitori stranieri. E si potrebbe continuare all’infinito.
“Desdemona è tornata” celebra le donne libere
“Desdemona è tornata”, atteso ad una tourneè autunno-invernale che dovrebbe culminare in Umbria il prossimo 25 Novembre in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si gioca tutto sulla valenza polisemica dello spazio scenico.
Esso si trasforma di volta in volta in stanza dell’infanzia, che accoglie la progettualità positiva delle tre protagoniste e infine la loro liberazione, e chiesa, dove viene di fatto celebrato il “funerale” della loro voce interiore, i sogni e le aspettative, rimasta vittima dell’impatto violento con la realtà e i suoi codici (patriarcali) non scritti e difficili da eradicare.
Anna Maria Bruni, nei panni di Mimsy – la signora per bene, la Memoria – divide il palcoscenico con Antonella Olivieri (Sofy, la donna onesta, la Conoscenza) e Federica Bacchiocchi (Emy, la ragazza scalza, la Natura Selvaggia), al suo esordio assoluto davanti ad una platea: “Esordisco in teatro con un ruolo bellissimo, e ringrazierò sempre Anna Maria per avermelo cucito addosso”, racconta visibilmente emozionata, “Per prepararmi, ho ascoltato molte storie di donne che hanno subito violenza dai loro partner. E’ stata un’esperienza fondamentale“.
Bacchiocchi, la sua Emy vive il suo corpo come il vessillo di una colpa. Lei, da attrice e da donna, che rapporto ha con la propria fisicità?
(ride, forse ho toccato un nervo scoperto, ndr.) Diciamo che molte situazioni mi hanno portata a chiudermi. Nell’ultimo periodo, invece, è come se mi fossi liberata: e sì, il teatro mi ha aiutata tantissimo.
Nello spettacolo c’è una citazione a “Kobra” di Rettore. Oggi, quali sono secondo lei le donne libere a cui ispirarsi?
Posso parlare per me e dire che ho sempre trovato nelle donne della mia famiglia un modello di libertà a cui ispirarmi. Specialmente mia madre e mia nonna hanno sempre insistito affinchè io fossi libera, senza farmi condizionare, senza ascoltare i giudizi degli altri. Devo confessare, ahimè, che non sempre ci sono riuscita. E oggi quando in alcune situazioni ripenso a mia madre, che ho perso a 19 anni, mi dico: “Però, forse, aveva ragione lei”.
“I nomi di tutte e tre le protagoniste, non sono nomi propri associabili ad una sola persona”, spiega ancora Anna Maria Bruni, “Abbiamo optato appunto per nomi parlanti, che si facessero carico di tutte le istanze che portiamo avanti nello spettacolo. In cui ogni donna, a prescindere dal suo nome, dalla sua storia, dalla sua provenienza, potesse ritrovare qualcosa di sè e sentirsi rappresentata”. Anche Desdemona, continua, “non è quella della tradizione shakesperiana ma un simbolo. Una donna che voleva decidere per sè ma che poi finisce vittima di una lotta tra due uomini“.
Antonella Olivieri è Sofy, rimando a Sofia, la musa della Conoscenza.
Conoscenza che spesso si associa anche alla saggezza popolare. Olivieri, c’è un adagio che le è rimasto particolarmente impresso e che, magari, l’ha “guidata” nella vita?
Molti. Ma quello che mi piace ripetere più spesso è “li guai d’a pignata, ‘a cucchiara li sape”. Che significa: solo chi vive da dentro una situazione può capirla fino in fondo, gli altri vedono solo l’esterno, si fermano all’apparenza e spesso giudicano.
Il giudizio degli altri è una bella zavorra.
Sono figlia di una educazione decisamente patriarcale. Magari non manifesta, ma che velatamente tu accetti ed introietti. Ho fatto fatica, in un tale contesto a trovare me stessa, ma grazie al teatro ci sono riuscita. Mi sono trovata e seguo la mia strada, faccio le mie scelte in estrema libertà.
Il suo personaggio lo dice chiaramente in un passaggio dello spettacolo: “A casa sono sempre io a dover lavare i piatti. Ma perchè non mio fratello?”.
Esatto, sembra uno scoglio superato ma non è così: in alcuni contesti, purtroppo, esiste ancora l’idea che ci siano cose da femmina e cose da maschio. E questo ovviamente orienta l’educazione che uno riceve.
Il momento della “purificazione”
Come una sinfonia in tre momenti, prologo – discesa all’inferno – liberazione, “Desdemona è tornata” è tutt’altro che uno spettacolo pessimista. Le tre protagoniste alla fine ritrovano se stesse, si liberano di ciò che le opprime, fisicamente e idealmente.
Mimsy si toglie la parrucca bionda e si mostra finalmente per quello che è, non deve e non vuole più compiacere nessuno. Emy smette di vergognarsi del suo corpo e anzi lo celebra, lo canta al centro della scena e finalmente domina gli sguardi di chi – fino a poco prima – l’aveva vista solo come una preda, priva di spirito e di volontà propria. Sofy smette il nero lutto per ridare colore alla sua vita, lei che avrebbe sempre voluto fare la pittrice.
E’ indicativo che il momento della liberazione, della purificazione, avvenga in una vasca da bagno, quella che poco prima, listata a nero, era stata la “bara dell’infanzia”: l’acqua pulisce, lava via il resto, lascia affiorare solo l’essenziale. Ma c’è ancora molto da fare: “Ne avrete letto o sentito parlare, chiude Anna Maria Bruni salutando il pubblico della prima dello scorso 4 Agosto: “Voglio perciò dedicare questo spettacolo a Beauty, la ragazza nigeriana picchiata dal suo datore di lavoro solo perchè ha chiesto di essere pagata”.