Home Cronaca Denuncia al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno: notte da incubo per medico ricoverato in nefrologia

Denuncia al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno: notte da incubo per medico ricoverato in nefrologia

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Denuncia al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno: notte da incubo per medico ricoverato in nefrologia

Un racconto che suscita incredulità e indignazione, quello della figlia di un anziano e stimatissimo medico in pensione (E. M., 83 anni), ricoverato al reparto di nefrologia del San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno per gravi problemi di insufficienza renale.

“Mio padre versa in gravi condizioni di salute ed è di fatto immobilizzato per la malattia dovuta alla dialisi. Nella notte, dopo essere stato visitato dal medico di turno, il quale gli faceva fare un clistere, iniziava a defecare e, chiamato l’infermiere di turno, chiedeva di essere cambiato per il bruciore e il forte caldo”, così comincia il racconto della donna, che ha subito preso le difese del genitore presentando denuncia presso il più vicino drappello militare.

La storia a questo punto prende una piega drammatica, perché l’infermiere di turno nella notte tra il 2 e 3 agosto, non solo si è rifiutato di cambiare tempestivamente il pannolone all’ammalato in serie difficoltà, ma quando finalmente si è deciso a fare il suo dovere (dopo aver lasciato il paziente fra lacrime e sofferenze per due lunghe ore), prima lo ha offeso verbalmente, e poi, in preda a una rabbia ingiustificata, gli ha lanciato il pannolone in faccia sporcandolo di feci.

Una storia surreale, che ha amareggiato tutte le persone presenti, le quali hanno prontamente consigliato alla figlia di portare il padre via dall’ospedale. La dignità è un diritto imprescindibile, soprattutto per chi vive in condizioni difficili e di sofferenza. È inumano aggiungere umiliazioni e lesioni a chi già sopporta tanto dolore in silenzio.

“Ho sporto denuncia e ora credo si andrà avanti per motivi d’ufficio. Noi non chiediamo nulla,  non vogliamo visibilità ma questo gesto lo dovevo innanzitutto a mio padre. Mi dispiace che poi vengano etichettate anche persone che svolgono il proprio lavoro con devozione e l’intero personale di un reparto. Questo non lo voglio ma bisogna accertare responsabilità ed eventuali corresponsabilità. Mi piacerebbe invece che il personale venga reclutato in base alla bravura, passione e preparazione a svolgere una professione difficilissima. Chi si reca in quel posto ha paura, è gente bisognosa di attenzione, di premure e di umanità perché è gente che soffre. Chi vuole lavorare in ospedale deve saperlo e vorrei che si studiassero episodi come quello che è capitato a noi per scongiurarne ancora di simili, anche se sono cosciente che la maggior parte di questi viene taciuto e accettato con passiva rassegnazione”, così conclude la figlia del medico, fra sdegno e profonda tristezza.