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Denise: un successo salernitano

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Denise: un successo salernitano

 

Una giovane ragazza salernitana è riuscita a entrare nel mondo dei grandi della musica italiana. Parliamo di Denise, un’artista dalle notevoli qualità e dotata di una simpatia unica.

Appena maggiorenne, calcava già i palchi della città di Salerno partecipando a numerose manifestazioni locali e vincendo diversi concorsi, tra cui il Prove di Rock, le selezioni per l’Arezzo Wave e l’ Avanti il prossimo 2006. Ha partecipato anche al MEI e ben presto si è ritrovata a dividere il palco con artisti come Meg e Paolo Benvegnù.

Il suo primo EP Carol of Wonders è uscito nel 2009 e preannunciava l’uscita dell’album dal titolo Dodo, do!. Al lavoro hanno partecipato grandi della musica italiana come il direttore artistico di Marlene Kuntz e Litfiba, Gianni Marrocolo.

L’album, distribuito da Alkemi Records/Ala Bianca, è cantanto in inglese ed è caratterizzato da uno stile folk con delle tendenze al pop. Saltano subito all’orecchio gli arrangiamenti originali, risultato dell’utilizzo di strumenti poco comuni quali l’autoharp, il teheremin e addirittura il pianoforte giocattolo. Da qualche mese è uscito anche il suo nuovo lavoro discografico Universe, in cui spicca Sailors, brano realizzato in collaborazione con Marco Guazzone degli Stag.

Ora Denise è a tutti gli effetti un’artista a livello nazionale e internazionale, con tour all’estero e continue partecipazioni nei programmi radiofonici di Radio 105 e Radio Deejay, nonché con l’esordio nella programmazione dei video di MTV.

Noi della rubrica di ZerOttoNoTe siamo riusciti ad ottenere un’intervista per il nostro giornale.

Denise, tu che sei stata già ospite di importanti emittenti come MTV e Radio 105, che effetto fa vedersi proiettata nell’universo dei big?
Sicuramente è una sensazione molto strana, ma bellissima. Ho avuto la possibilità di superare step inaspettati e considerevoli. Quando sei all’inizio della carriera di cantante ti aspetti sempre di “volare basso”, come esordiente non manifesti tante pretese. Del resto, la stessa MTV in genere tratta musica diversa da quella che ho realizzato finora, perché il mio pop è più “particolare” rispetto, per esempio, a quello di un’Annalisa o di altri cantanti simili. Partecipare ai palinsesti di queste emittenti è stata una cosa che mi ha sorpresa e lusingata.

Qual’è stato, secondo te, il tour più bello e importante realizzato con il tuo staff?
Non saprei, ogni occasione per me è stata diversa e bellissima. Certo, nel tour europeo di 3 anni fa ci siamo divertiti parecchio, anche perché abbiamo viaggiato un po’ “all’avventura” in un furgoncino che, sui sentieri delle montagne austriache, camminava anche abbastanza lento! In ogni caso, dovunque ti trovi, vedere come reagiscono alla musica persone provenienti da luoghi diversi è davvero stimolante. In Sicilia, per esempio, sono stati tutti molto disponibili e accoglienti nei confronti dello staff del “Denise Project”, ma quello che mi ha colpito di più – e che ciascun cantante desidera dal pubblico – è stata la grande capacità di ascolto, unita al coinvolgimento collettivo (c’era chi inventava balli improvvisati, chi mi accompagnava cantando sulle note dei brani ecc.). Di certo, se canti in un posto molto chic non hai la possibilità di divertirti così, ma ciò non influisce, in ogni caso, sul risultato finale.

Parlaci dei tuoi due album. Tra il primo lavoro (Dodo, do!, ndr) e quello appena uscito (Uninverse) c’è stata una “maturazione artistica”, oppure hai inteso proseguire sulla scia del percorso già iniziato?
L’ultimo disco, rispetto al precedente, non sembra quasi per nulla una produzione indipendente, è forse “più pop”. Ma non rappresenta né un cambiamento né una prosecuzione, è semplicemente la fotografia di un periodo particolare della mia vita, che mi ha vista scrivere più tempo da sola, per ricreare quello che è poi il mio concetto di pop, una musica immediata, dalla melodia semplice e comunicativa, quasi “popolare”. Nella creazione di nuova musica, molto dipende anche dai generi che stai ascoltando in quel momento, e io da sempre prediligo pezzi acustici e folk. Ora la mia musica è più elettronica e orecchiabile, ma ripeto, non è una svolta di genere, bensì un ulteriore strumento per affermare il mio stile (come quando ti cambi d’abito e sperimenti look differenti, ma alla fine sei sempre la stessa persona). Anche Emiliana Torrini, alla quale vengo paragonata spesso, sa essere molto camaleontica, ma in lei c’è sempre stata la capacità di non perdere le proprie radici, pur cambiando spesso stile.

A tal proposito, hai qualche modello di riferimento? Ti ispiri a qualcuno?
Non ho modelli di riferimento da seguire, anche perché sono troppo orgogliosa, e basarmi sull’esempio di una sola persona sarebbe per me stucchevole. Penso invece che bisogna riuscire a guardarsi intorno e prendere il meglio che c’è in ogni grande artista.

Oltre alla tua passione per la musica, a cos’altro ti dedichi? Hai mai lavorato nel mondo della moda o della radio, per esempio?
Mi sto avvicinando sempre di più al mondo della radio, in particolare all’ambiente milanese. Tuttavia, non nego che in passato ho lavorato anche come cameriera, commessa in un’erboristeria, e solo dopo ho avuto i primi approcci con gli strumenti della grafica e della creazione video. Ho usato queste competenze per coordinare il mio progetto, ma si sa, oggi i giovani artisti non possono vivere solo di passione, devono darsi da fare in tutto ciò che possono per mantenersi (e, successivamente, emergere). Questo avviene spesso, anche perché l’italiano medio è conservatore, preferisce ascoltare i cantanti datati o provenienti dai reality (salvo poi vedere questi ultimi in balia di chi scrive i testi del repertorio, ottenendo una produzione finale che non è tutto merito di un singolo talento). In effetti, penso che i cantanti lanciati dai talent show non possano vantare una reale esperienza nell’esibizione sul palco, ma piuttosto un’esperienza legata alle esibizioni nei provini; dopodiché, se non sono ben seguiti, spesso si bruciano.

Perché hai scelto di cantare in lingua inglese nel territorio italiano, tu che sei un’artista salernitana? Che effetto ti fa?
Ultimamente sto provando a scrivere anche in italiano, però resto dell’idea che se i miei brani non vengono ascoltati in inglese, non è possibile arrivare al cuore del testo. Canto in lingua straniera per dare forza alle mie parole, per non far suonare banali i concetti semplici e d’effetto che voglio esprimere, anche se mi hanno detto spesso che una voce come la mia colpirebbe ancora di più in lingua madre, perché ha un timbro melodico e quasi fiabesco: forse l’italiano le conferirebbe una sonorità per certi aspetti migliore.

Infatti sulla pagina di Facebook (quasi 4.000 fans, ndr) hai definito la tua musica “fiabesca”: ci spieghi meglio il senso di questa definizione?
Il tema della fiaba è per me una “chiave di lettura”, semplice ma efficace, che si rivolge non solo alla comprensione dei piccoli, ma anche a chi, pur avendo ormai vissuto tante esperienze, ascoltando le mie canzoni riesce a trarne giovamento e a “sognare” almeno per un po’. Grazie alla matrice fiabesca delle melodie, la semplicità viene avvertita da chiunque mi ascolti, adulto o bambino che sia; inoltre, chi mi conosce sa che amo “contrastare” questo mondo e il suo grigiore, non li accetto e vorrei cambiare ciò che non va, perciò li rielaboro entrambi in forma di micro-storie. Perciò, io sto qui nel “mio” mondo: chi vuole entrarci, mi segua.

Un pensiero sull’imminente concerto a Cava de’ Tirreni: come te lo aspetti?
Quando canto in queste zone, spesso si crea una piccola festa, alla quale partecipano anche persone che conosco da molto tempo. Mi emoziona di più cantare di fronte a un numero limitato di persone che già conosco, piuttosto che davanti a centinaia di persone in un festival. Ci tengo davvero molto al giudizio di chi stimo e spero sempre di non deludere coloro che mi seguono con affetto.

Lancia un messaggio a coloro che sognano una carriera nel mondo della musica: cosa consiglieresti ai giovani che hanno la tua stessa passione?
Vorrei che non si scoraggiassero, sebbene questo sia un periodo di crisi. Purtroppo noi facciamo parte di una generazione che non viene incoraggiata e proseguire sulla propria strada non sempre è stimolante, ma occorre rimanere sempre se stessi e alimentare la vera vocazione. Quindi se il tuo sogno è fare il cantante, provaci, a prescindere dalla fama, dal contesto sociale, dal successo che verrà, e realizza i tuoi sogni. Per me suonare e cantare sono gli unici modi per far brillare la “scintilla divina” dell’ispirazione, un anelito di vita che proviene dal mondo circostante; perché tutti, in fondo, siamo un po’ artisti, e la creatività ha bisogno di essere espressa da ciascun essere umano indifferentemente. Vivere tutto e il contrario di tutto, in un “universo inverso”: questa è, in effetti, la filosofia di Uninverse.

(Si ringrazia per la collaborazione alla realizzazione Maria Cristina Folino)