Ciriaco De Mita chiamato a deporre sulla vicinanza a Nicola Mancino incriminato nella trattativa Stato-Mafia
Palermo – Riapre, dopo la pausa estiva, il processo sulla trattativa Stato-Mafia nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo, dove fu fatto anche il famoso “Maxi Processo” all’intera mafia. Per la vicinanza in passato a Nicola Mancino viene chiamato a testimoniare Ciriaco De Mita: sindaco di Nusco (AV), ex segretario della DC e anche ex Presidente del Consiglio.
De Mita ieri mattina a Palermo ha dichiarato all’Adnkronos all’ingresso dell’aula bunker: «Non ho mai saputo nulla della trattativa tra Stato e mafia. L’ho ripetuto più volte ai magistrati»; poi continua dicendo: «Poco prima che lo ammazzassero, Giovanni Falcone mi cercò per dirmi la sua opinione».
Poi entra in aula a rispondere alle domande del sostituto procuratore Nino Di Matteo. Di Matteo è un giudice simbolo della lotta alla mafia: qualche mese fa minacciato da, niente di meno, il super boss della mafie, il capo dei capi Salvatore Riina. Le domande sono inerenti alla sua amicizia con Nicola Mancino che, dichiara De Mita: «I rapporti sia politici che amichevoli con Nicola Mancino si sono interrotti nel 2008». Sicuramente, anche perché in quell’anno il neo sindaco di Nusco passava all’UDC candidandosi con non poche divergenze nei confronti della ex DC. L’ex primo ministro risponde alle domande di Di Matteo con una cronologia, in poche parole, della sua vita politica. «Sono stato eletto segretario della Dc nel 1982 e lascio l’incarico nel 1988 – inizia De Mita – poiché presidente del Consiglio. Dopo, dall’89 al ’94 vengo nominato presidente del partito». Sui fatti che accusano Nicola Mancino non sfiora quasi nessun commento. Parla però di Giovanni Falcone, dicendo: «Falcone, il 15 marzo del 1992, mi disse: preparatevi perché la mafia, dopo la conferma delle condanne del maxi-processo, deve organizzarsi ed eleverà il livello di scontro con lo Stato». De Mita ribadisce così la sua estraneità ai fatti successi dopo le stragi di Capaci e di Via d’Amelio in cui vennero uccisi i due massimi oppositori, a livello giudiziario, della mafia siciliana.
[ads2]Il processo della trattativa Stato-Mafia è stato, per molti anni, argomento principale nelle testate giornalistiche, anche perché i personaggi coinvolti sono di fama nazionale: ultimo Giorgio Napolitano che risponde all’invito a testimoniare sulle registrazioni delle preoccupazioni espressogli dal suo ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, poi morto, su episodi accaduti tra il 1989 e il 1993 riconducibili, secondo i magistrati, proprio alla trattativa Stato-mafia, dicendo: «Prendo atto dell’odierna ordinanza della Corte d’Assise di Palermo. Non ho alcuna difficoltà a rendere al più presto testimonianza, secondo modalità da definire, sulle circostanze oggetto del capitolo di prova ammesso».
In una puntata di Servizio Pubblico di Michele Santoro, di qualche anno fa, tutta incentrata sulla trattativa viene presentato il corto vincitore del concorso “Generazione Reporter”. Il video vincitore è quello di Giuseppe Pipitone, ora giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, e Silvia Bellotti e s’intitola “Niente Sacciu” proprio sulla collusione tra mafia e politica. Calogero Mannino e altri organi dello Stato che in quel tempo erano le figure di spicco della politica della DC. Qui la testimonianza di Sandra Amurri, giornalista de “Il Fatto Quotidiano” che racconta, nel video del processo a Mario Obinu, un incontro a un bar tra Mannino e l’eurodeputato Giuseppe Gargani in cui le preoccupazioni sono «Questa volta ci fottono» perché il figlio di Vito Ciancimino avrebbe «Detto la verità su di noi». Poi Mannino ancora: «Glielo devi dire a De Mita – rivolgendosi a Gargani – perché ci dobbiamo mettere d’accordo»…«Perché lui verrà sentito». Quindi tutta la verità ancora non è stata svelata e questo fa rimanere tutti con dubbi storici.
Guarda il corto di Giuseppe Pipitone e Silvia Bellotti “Niente Sacciu” cliccando QUI