Da Opponente ad Aiutante. Da PD a PFT. Ma chi è veramente il Partito Democratico?
Editoriale a cura di Danilo Iammancino.
“Un’Italia che ci è davanti e che noi dobbiamo per forza di cose inseguire”. Mani in tasca, petto in fuori enfasi e tanta sicurezza. Il Rottamatore entra nel tempio degli egregi rottamati e lo fa in punta di piedi. Conosce bene il destino di un’Italia che, per forza di cose, non si riconosce più in questa politica. Lungi da me dall’inserire parole di demagogia o dall’inseguire analisi politiche spoglie dettate più dal cuore che dalla mente. Ma è proprio oggi quella stessa mente intrisa di paradigmi ideologici, ormai superati, che m’induce a guardare uno scenario desolante di una politica becera, superata e dai contorni putridi e inefficaci.
Nel percorso di approvazione dell’accordo Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale, oggi era il giorno dei tre emendamenti sulle quote rosa, presentati da uno schieramento di deputate trasversale ai partiti.
Tutti gli emendamenti sono stati respinti grazie al ricorso al voto segreto, con cui almeno 60 deputati del Partito Democratico hanno fatto venir meno la maggioranza votando contro.
Alle 17.31 arriva il primo voto sulla riforma elettorale. Il deputato Roberto Giachetti esulta via twitter. L’emendamento del Movimento 5 Stelle che vuole l’abolizione dell’articolo 1, ovvero di tutta la legge, viene respinto. La maggioranza perde i pezzi nei voti segreti, ma l’accordo siglato con Forza Italia tiene. E la speranza è di arrivare al varo della legge entro venerdì, anche se sono in molti a pensare che l’approvazione potrebbe slittare. Arrivano gli emendamenti e cominciano a sentirsi i primi scricchiolii. L’Aula ha dunque cominciato a votare gli emendamenti. Ne sono stati bocciati sette, di cui 3 con voto a scrutinio segreto.
La metamorfosi dell’allegra maggioranza PD-NEW FORZA ITALIA sembra fiorire nel più italico dei partiti il PFT. Può sembrare uno nuovo acronimo informatico, oppure qualche nuova applicazione in qualche nuovo smartphone di ultima generazione. Niente di tutto ciò. Il Partito dei Franchi Tiratori (PFT n.d.r.) è l’essenza della malaria incattivita di una politica lontana anni luce dalla vera esigenza dei cittadini.
Il grande studioso russo di tradizioni popolari Vladimir Propp raccogliendo e analizzando migliaia di fiabe russe di magia, negli anni ’30 del ‘900, riscontrò che avevano tutte qualcosa in comune. Cambiavano i nomi dei personaggi, i luoghi, le epoche della narrazione, ma c’era una serie di elementi, le funzioni narrative, che si ritrovano più o meno fedelmente in tutte le fiabe di magia.
L’Aiutante è colui il quale favorisce il processo di crescita dell’Eroe. Al contrario, l’Opponente cerca di ostacolare questa crescita, e, in qualche modo, frappone ostacoli al raggiungimento del suo obiettivo, che è la riconquista del «bene prezioso» perduto (la principessa rapita, ad esempio). Non è necessariamente in combutta con l’Antagonista – magari è in buona fede – però ne diviene complice. Un esempio classico di Opponente è proprio il PD, l’amico dell’Eroe ventennale Anti-Berlusconiano che per anni ha contribuito ad addormentare l’Italia in un sonno mediatico-politico. In realtà, seguendo la più classica delle funzioni narrative, amico dell’Eroe non lo è proprio trasformandosi nella vera e unica essenza del declino politico-morale che ci affligge da anni. Vedremo più avanti come l’analisi di Propp ci aiuti per identificare un “paradigma narrativo”, un percorso che vale per ogni storia da raccontare così anche per la politica.
Scriveva l’Huffinghton Post: “Aveva capito che sarebbe stato impallinato da una telefonata con Massimo D’Alema. Dopo le sue parole, “Ho messo giù il telefono, ho chiamato mia moglie e le ho detto: ‘Flavia, vai pure alla tua riunione perché di sicuro Presidente della Repubblica non divento”. Così Romano Prodi racconta ad Alan Friedman il retroscena del suo giorno più lungo, il 19 aprile del 2013, quando venne prima candidato e poi fatto fuori dai 101 franchi tiratori del suo stesso partito”.
Mentre Eroi e Antagonisti nel paradigma narrativo della politica italiana sono chiari, secondo il mio punto di vista, il dubbio sorge su Aiutanti e Opponenti. Quindi è lecito domandarsi: chi è l’Opponente? Qual è la sua storia ? Rottamati, nell’ombra, anche i franchi tiratori del Pd. Se ci sono, hanno i fucili scarichi, le armi spuntate.
Il tradizionale gioco delle correnti, con i rispettivi leader in competizione tra loro, è andato in mille pezzi col plebiscito di Renzi alle primarie, e da quel momento l’apparato Pd non dà segni di ripresa. Il massimo gesto di sfida che i dissidenti hanno osato finora sono state le dimissioni. Prima quelle del viceministro Fassina, poi quelle di Cuperlo.
Mai si era realizzato un simile azzeramento dell’opposizione nel Pd, e prima nell’Ulivo, e prima ancora nei Ds. Anche nei picchi di Veltroni leader c’era sempre l’ala fedele a D’Alema, suo eterno rivale, a bilanciarne il potere. Nella stagione di Prodi l’antagonismo tra ex comunisti ed ex democristiani della Margherita fungeva da divisore di poteri; nei Ds c’era la logica dei capicorrente.
Nel giro di due mesi invece la scalata renziana del Pd ha fatto il vuoto attorno a sé. Bersani? È lo sconfitto per eccellenza, il segretario che non ha vinto le elezioni e ha perso la sfida contro il giovanotto di Firenze, anche se per interposta persona. I vecchi big? D’Alema si è tirato da parte, Veltroni è fan di Renzi, Prodi ha fatto il suo tempo. Ma è pensabile un ritorno dei vecchi quando l’appeal della nuova stagione renziana si è costruito proprio sul valore della gioventù, del ricambio generazionale, della rottamazione di quelli che erano già lì «quando io andavo alle medie»? Ma effettivamente cosa si è rottamato e cosa non si è rottamato?
Avviamoci alle conclusioni. Egregi lettori, la politica che ci contorna è solamente lo specchio e lo stile del nostro modo di vivere. Abituati, da sempre, a guardarla e commentarla in modo sprezzante, essa non è altro un risultato concreto di quello che è realmente il nostro modo di condurre, ma soprattutto di accettare il “bene pubblico”. Grandissimi lavoratori, geni assoluti nella moda, nel vestire, nel cucinare. Tra i numeri uno nell’ingegnare. Amanti dello sport. Ed è proprio nello sport che sussiste uno dei più grandi paradossi appartenenti all’anomalia italiana.
Mi è capitato più e più volte di vedere una partita di calcio allo stadio. Vi siete mai chiesti come e da dove esce tutta quella rabbia quando Vidal in Juventus- Torino tocca con la mano il pallone e l’arbitro non estrae il secondo giallo? Cioè qual è la sottile linea di demarcazione che divide la faraonica contestazione di 30 mila persone a Lotito, dal fatto che il decreto Imu-Bankitalia venga presentato fuso in Parlamento? Lungi dall’essere un populista, i miei turgidi pensieri si affossano verso un sentiero che è quello che a noi semplicemente ci sta bene così. Ci lamentiamo tranquillamente nei bar e nei salotti, mentre casomai vediamo il Napoli o la Salernitana, ma concretamente quando scendiamo in piazza cerchiamo sempre il favore del signorotto di turno capace sempre e comunque di darci una mano.
Ad aiutarci nella nostra analisi vengono poi i dati. A noi non piace interessarci di politica. Ci annoia, è sporca. Abbiamo potuto constatare con mano come oggi almeno nella provincia di nostra competenza preferiamo più la ricetta di cucina o il programma Masterchef alle congetture di De Luca. Da una parte vi direi, ma come darvi torto? Siamo sempre degli ottimi critici e lasciamo le patate bollenti agli altri; difficilmente amiamo assumerci delle responsabilità. Su questo Renzi è andato in netta controvertenza e ne va dato atto. Almeno con il suo “ALL IN” pokeristico ha calato definitivamente quel velo d’ipocrisia del PFT o PD che dir si voglia.