Direzione Africa, partono in tre da Gaiano, piccola frazione del comune di Fisciano (Sa), verso il Burkina Faso per rinnovare le adozioni a distanza, inaugurare una sala polivalente e non solo.
La solidarietà per l’Africa riveste un ruolo di primo piano per la parrocchia San Martino Vescovo di Gaiano guidata da don Alfonso Rinaldi che è gemellata da anni con il Burkina Faso.
L’impegno di tutta la comunità, e in modo particolare delle signore del Gruppo Caritas Madre Teresa di Calcutta, ha consentito di realizzare diverse opere per migliore la vita dei villaggi africani tra cui un pozzo, che dà la possibilità di ottenere l’acqua senza dover percorrere chilometri e chilometri a piedi.
Gaiano vive “da vicino” il suo gemellaggio con l’Africa grazie al costante e concreto impegno di Vanessa Gioia. Catechista, organizzatrice e promotrice di molte iniziative che riguardano la frazione del comune di Fisciano, Vanessa si reca in Burkina Faso, da ben nove anni, per portare personalmente aiuto ai villaggi e per rinnovare le adozioni; bastano solo settanta euro l’anno, infatti, per provvedere alle esigenze di un bambino, consentendogli di studiare e di vivere dignitosamente; sono tante le famiglie di Gaiano, e non solo, che hanno deciso di abbracciare l’adozione a distanza.
Nel suo viaggio quest’anno Vanessa Gioia è stata accompagnata da Giovanni Gioia, studente universitario alla sua prima esperienza umanitaria, e Adele Napoli, dentista, in Africa con un compito ben preciso: sensibilizzare la popolazione alla corretta igiene orale.
La missione si è rivelata densa di emozioni: hanno trascorso quasi un mese nei villaggi africani del Burkina e nella capitale Ouagadougou; hanno cercato di vivere insieme agli abitanti emozioni e sensazioni, immergendosi nella loro quotidianità, imparando a condividere il loro modo di essere e ad apprezzare le loro abitudini e tradizioni.
Con gli aiuti umanitari è stata costruita una sala polivalente, inaugurata nel corso della missione e intitolata al parroco di Gaiano. Hanno visitato luoghi di grande impatto emotivo come il carcere e il lebbrosario: «Vivono la sofferenza con grande dignità, ci hanno accolto con molta gioia, la nostra presenza li ha resi felici, desideravano la nostra vicinanza e ci inducevano a essere partecipi della loro condizione, senza provare alcuna pietà, ma condividendo le loro esperienze», queste le parole di Giovanni Gioia che continua dicendo: «I bambini sono capaci di gioire per una caramella e, spesso, la sera percorrono chilometri a piedi o in bicicletta per raggiungere una zona coperta dalla corrente elettrica che gli dia la possibilità di studiare. Azioni comuni come aprire un rubinetto o accedere la luce in quei luoghi non esistono, ma pur non possedendo nulla trovano il modo di donarti qualcosa. Al nostro arrivo ci hanno fatto bere “l’acqua dell’accoglienza”, una bevanda fatta di acqua mista a farina di mais, che dimostrava la loro gioia, anche solo con un semplice bongo di legno sono capaci di dare il via alle loro danze e alle loro feste».
Questa missione, a fronte dei problemi e delle difficoltà dell’Africa, è certamente solo una goccia nell’oceano, ma rappresenta per tutti un esempio concreto dal quale partire per avere la speranza di un futuro miglioramento e che ci dimostra che donare qualcosa a queste popolazioni non ci svuota di nulla, ma ci riempie: perché se è vero che noi possiamo offrire alle popolazioni bisognose denaro, vestiti, attrezzi, è pur vero che loro possono restituirci il vero senso della vita che non è fatto solo di oggetti, ma di affetti, e, forse, nei rapporti sociali e interpersonali, siamo noi ad avere tanto da imparare da loro.