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Corteo contro il Jobs Act: Napoli scende in piazza

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Corteo contro il Jobs Act: Napoli scende in piazza

Corteo contro il Jobs Act: l’esperienza e le motivazioni descritte da un giovane attivista

[ads2]Nella giornata del 24 ottobre alcune delle città più importanti italiane, sono scese in piazza in occasione dello sciopero indetto dall’ USB (Unione Sindacale di Base).

“Studenti e lavoratori, uniti e inflessibili!” è stato lo slogan del corteo cittadino organizzato nella città di Napoli, che ha visto la partecipazione di centinaia di studenti e lavoratori che hanno unito le loro voci in un unico grido collettivo.

corteo

Il Jobs Act e le riforme sulla scuola, sembrano infatti, agli occhi dei manifestanti, rientrare in un programma più ampio che mira ad indebolire la collettività fomentando la competizione sin dai banchi di scuola per poi giungere alla precarietà dei posti di lavoro.

I tagli ai salari, l’abolizione dell’art. 18, la riforma degli ammortizzatori sociali, non riguardano solo il mondo del lavoro ma include inevitabilmente anche quello della scuola. Questa interconnessione tra due realtà sociali ha spinto universitari e liceali a unirsi al corteo dell’USB. Alle spalle del corteo, non vi è però una blanda e improvvisata organizzazione, ma un programma vasto avviato da studenti, lavoratori e disoccupati campani che si prefiggono come obbiettivo finale la diffusione dell’unica arma che abbiamo a disposizione: l’informazione.

In occasione della manifestazione abbiamo intervistato lo studente universitario Matteo Giardiello, che ci ha spiegato gli obbiettivi, le attività e la storia dei collettivi studenteschi e dei lavoratori.

Parlaci dell’attività svolta all’interno dei Collettivi Universitari.

Il Collettivo Autorganizzato Universitario si occupa di svolgere un’attività politica all’interno dell’università, di creare una contro-informazione tramite assemblee, iniziative, organizzazione di cortei e anche seminari, di creare un’opposizione contro i decreti che stanno cambiando il mercato della scuola e del lavoro. Nello ‘Spazio Me-Ti’, in cui convergono i collettivi del SAC (Studenti Autorganizzati Campani), i Clash City Workers e il KAMO, organizziamo eventi di scambio in ambito culturale e sociale. La nostra attività non riguarda gli appelli degli esami o le condizioni delle aule, poichè pensiamo che questi problemi siano conseguenze di politiche esterne all’università che subiscono sia i lavoratori che gli studenti. Per questo siamo scesi in piazza con loro.

C’è secondo te da parte dei ragazzi la volontà di contro-informarsi e di interessarsi ai problemi che vanno oltre l’organizzazione dei singoli atenei?

In generale c’è una sfiducia verso tutto quello che vuole porre un’alternativa proprio perchè manca la controinformazione e molti non si rendono conto di quello che sta accadendo. Siamo andati alle assemblee di istituto a parlare, a spiegare la riforma, a rispondere alle domande e a fare domande noi stessi e nonostante ciò che si dice sui giovani, i liceali esprimono più volontà di informazione e curiosità rispetto agli universitari. Il sistema attuale porta a vivere l’università in modo sbagliato, quando invece la cultura e l’apprendimento dovrebbero aprirti. Noi la viviamo senza socialità e senza informazione. Questo è il frutto di anni e anni di politiche che hanno mirato alla trasformazione della scuola e dell’istruzione in un’azienda.

Un’ultima domanda sull’attività dei cortei: questo tipo di manifestazione, insieme allo sciopero, da alcuni è definito anacronistico e superato. La manifestazione di oggi insieme allo sciopero dell’USB, quanto impatto credi possa avere effettivamente ?

Il corteo ovviamente scalfisce poco (anche se non pochissimo), ma nonostante questo dà uno stimolo alle persone che ti vedono. Vedono persone che prendono posizione su certi temi. Quello che possiamo fare è unire i ragazzi, farli pensare e organizzarci sempre di più per tentare di scalfire il potere. Per quanto riguarda lo sciopero, se organizzato in modo intelligente, può essere una grave perdita per l’impresa, per l’azienda e diventare uno strumento per migliorare le condizioni dei lavoratori.