Differenza fra società e consumatori – Perfezione del contratto – Autorità giudiziaria competente a decidere.
Le fattispecie contrattuali di compravendita di merci concluse a distanza sono quei tipici contratti con i quali si traferisce la proprietà di un bene fra i soggetti (art. 1376 del codice civile).
In ordine a tali figure giuridiche è necessario, innanzitutto, fare una prima grande distinzione.
E’ importante, infatti, individuare dapprima quali siano le parti del rapporto interessate.
Queste parti possono essere di due principali specie: consumatori oppure società.
I contratti conclusi dal consumatore rientrano nella cd. tutela del consumatore. Una disciplina di norme molto incline a dare maggiore importanza e protezione al singolo cittadino più debole rispetto a multinazionali, grandi imprese ecc. Deve trattarsi, in particolare, di qualcuno che acquista beni al di fuori del proprio ambito di lavoro. Se per es. il consumatore in discorso concluda un contratto per l’acquisto di un capo d’abbigliamento a distanza mentre egli sia titolare di una casa editrice, va da sé che lo stesso debba essere qualificato come consumatore. Al contrario, se l’acquirente predetto acquisti beni per la propria impresa oppure libri da rivendere con la propria casa editrice, allora, si tratterà di un soggetto che agisce come società e, pertanto, la disciplina da applicare sarà quella commerciale generale.
Una prima fondamentale conseguenza rispetto a quanto detto è che per eventuali controversie insorgenti fra le parti, il foro competente (anche detta autorità giudiziaria competente a decidere) sarà diverso. Si tratta del Giudice o del Tribunale che verrà investito della causa.
Se il contratto si conclude fra un consumatore e una società, il foro competente a decidere sarà quello del luogo (provincia o città[1]) in cui il consumatore ha la residenza. Questo appunto discende dal fatto di dare maggior agevolazione al soggetto più debole fra le opposte parti.
Nell’altro caso e, cioè, quando il contratto si conclude fra due società, il giudice competente a decidere la questione sarà, secondo la regola generale, quello della provincia o della città in cui ha sede la società convenuta (art. 19 codice di procedura civile).
Vi è, poi, una seconda regola facoltativa (art. 20 c.p.c.) secondo cui è possibile che 1) la competenza è della sede giudiziaria in cui l’obbligazione è sorta, cioè, il luogo in cui il contratto è stato concluso/firmato; oppure 2) dove la stessa obbligazione doveva essere adempiuta, cioè il luogo dove l’accettazione giunge a conoscenza del proponente, cioè, presso la sede/domicilio del venditore o del compratore[2].
La Cassazione con la sentenza n. 2472 del 1999 , in tema perfezione del contratto, proclama che “Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1326, ultimo comma, c.c., una accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta. E’ pertanto necessario l’incontro e la fusione di una proposta e di una accettazione perfettamente coincidenti sia per le clausole principali che per quelle accessorie”. Pertanto, il momento perfezionativo del rapporto contrattuale, “si radica nel luogo in cui giunge l’accettazione definitiva, senza ulteriori modifiche, all’ultima controproposta”.
In sostanza, deve seguirsi lo schema “proposta-accettazione” e, quindi, il foro di giudizio potrebbe essere tanto quello della società acquirente quanto quello della società venditrice.
Tuttavia, è possibile derogare a tali prospettazioni, raggiungendo fra le parti un accordo scritto con il quale, oltre ad altre eventuali clausole[3], può stabilirsi in particolare che il foro competente a decidere sia quello del Distretto giudiziario, cioè dell’autorità, che ha competenza nel luogo più vicino alla società che ha questo tipo di interesse, l’interesse cioè ad avere “vicino casa” il tribunale che sarà competente a decidere contrasti fra le parti nel malaugurato caso che appunto questi insorgano durante tutto il corso del rapporto contrattuale.
(a cura di Alessandro Campagnuolo)