La campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania e l’elezione del suo Presidente è davvero cominciata (stando alle cronache) sotto pessimi auspici
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a cura di Sandro Livrieri
Le norme giuridiche possono essere interpretate. In termini riduttivi, estensivi o analogici.
Le leggi della Fisica, invece, sono inoppugnabili: più rigidamente di una sentenza di Cassazione.
La Politica non ha norme o leggi ma consuetudini movimentistiche ed alvei culturali. Non sopporta, però, i “vuoti”. Ci si muove, sovente, per analogia, esperienza, intuito o per semplice pulsione scommettitrice. Qualcosa, insomma, va fatto!
Nella stagione in cui i “Partiti sono partiti per non tornare più”, tutto diventa più difficile, complesso e talvolta torbido più del dovuto.
La campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania e l’elezione del suo Presidente (Governatore è una parola futilmente propagandistica), è davvero cominciata (stando alle cronache) sotto pessimi auspici.
Il PD seguendo il copione (o Totem) delle primarie ha scelto un candidato che non ha – a tutt’oggi – l’adesione incontrovertibile di Roma, né del contesto campano. In ogni caso, atteso lo slancio volontaristico di Vincenzo De Luca (testardo eppure generoso), si rimane nella consuetudine pazzotica per cui l’Italia non è una “Repubblica fondata sul lavoro” (come recita la Costituzione) ma sui TAR.
Il Centrodestra dovrebbe candidare il Presidente che ha fin qui governato: Caldoro, ma senza particolari clamori o entusiasmi e nemmeno senza particolari “cadute di tono”. Dovrebbe…ma non si sa e nemmeno oggi si è tenuti a sapere.
A mezzadria, appaiono centristi di varia estrazione che – fra democristianità orgogliosamente conclamata e riformistica convinzione – ancora non sembrano demo- cristianamente o decisamente riformistici, convinti di quel che si avrebbe da fare.
Nel “mezzo del mezzo”, però, già si preannunciano le rigogliose e significative truppe cammellate di coloro che della Politica fanno un’arte del “peggio possibile”. Pronti a “cammellare” – con spirito migratorio – da una parte o dall’altra. Indipendentemente da chi si candida o, meglio ancora, insensibili a qualsivoglia categoria del progetto, del programma e delle identità.
Ecco! Le “regionali” campane a questo dovrebbero servire: a ri-costruire progetto, cultura di governo, spirito dell’organizzazione partecipativa (anche oppositoria) nel vivo di Comunità e Territori.
Ricordando a tutti che la Campania è terra bellissima e amara, dove migliaia di cittadini hanno rinunciato al “principio di cittadinanza” per scollinare nella zona d’ombra della illegalità. E dove, di converso e in termini più numerosi, c’è ansia di legalità e di lavoro. In una parola di dignità democratica.
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