Chop Suey, vero e proprio capolavoro dei System of a Down, è contenuta nell’album Toxicity, secondo disco della formazione statunitense, pubblicato nel novembre 2001
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I System of a Down possono essere considerati un gruppo decisamente atipico, in primo luogo per l’origine dei quattro membri della band: infatti discendono tutti da famiglie sopravvissute al genocidio armeno del 1915. Le origini mediorientali del gruppo, dunque, hanno un ruolo importantissimo nella natura della musica prodotta dai System perché, la musica folkloristica armena, sempre presente nella loro composizione, conferisce quel timbro tipico, che rende immediatamente riconoscibili le loro canzoni.
Inoltre, occorre ricordare come i SOAD compongano i loro brani grazie anche all’utilizzo di una gran quantità di strumenti musicali che variano dai mandolini elettrici alle tastiere, dalle chitarre a dodici corde agli strumenti tradizionali armeni, rendendo, quindi, unico il loro sound ma, allo stesso tempo, difficoltosa una loro categorizzazione precisa e definitiva all’interno dello schema dei generi musicali.
Il gruppo stesso, del resto, non si considera appartenente ad alcun genere musicale prestabilito come dichiarato più volte anche dallo stesso Daron Malakian, chitarrista della formazione, in alcune interviste rilasciate alla rivista statunitense Guitar World.
Giungendo alla canzone dai noi analizzata in questa occasione, bisogna subito rilevare come Chop Suey! è stato un titolo scelto in secondo momento, in quanto, all’origine, il brano doveva chiamarsi Suicide; un titolo, questo, che rendeva già in modo evidente e lampante l’idea di fondo del brano stesso. Infatti Chop Suey può essere considerata come una struggente poesia, non priva di enigmaticità, sul suicidio e sull’innocenza delle vittime:
Wake up, / Grab a brush and put a little makeup, / Hide the scars to fade away the shakeup / Why’d you leave the keys upon the table? / Here you go create another fable
You wanted to, / Grab a brush and put a little makeup, / You wanted to, /Hide the scars to fade away the shakeup, / You wanted to, / Why’d you leave the keys upon the table, / You wanted to,
I don’t think you trust, / In, my, self righteous suicide, / I, cry, when angels deserve to die;
Sveglia! / Afferra un pennello e mettiti un po’ di trucco / Nascondi le cicatrici per far sparire lo scuotimento / Perchè hai lasciato le chiavi sul tavolo? / Adesso vai e ti crei un`altra storiella…
Lo hai voluto / afferrare un pennello e mettere un po’ di trucco / Lo hai voluto / Nascondere le cicatrici per far sparire lo scuotimento / Lo hai voluto / Perchè hai lasciato le chiavi sul tavolo? / Lo hai voluto.
Non penso che tu creda / Nel mio suicidio ipocrita / Io piango quando gli angeli meritano di morire.
Testo stringente che, nella sua parte finale, presenta, e questa è la sua parte più problematica, per due volte, le ultime parole pronunciate da Gesù prima della morte: nello specifico, “Father, into your hands I commend my spirit”, richiama “Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio». Detto questo, spirò” – (Luca 23:46); e poi, “Father, why have you forsaken me?”, che ricalca “All’ora nona, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì lamà sabactàni?» che, tradotto, vuol dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»” – (Marco 15:34).
Ed ecco i versi in questione:
Father, Father, Father, Father, / Father, into your hands, I commend my spirit, / Father, into your hands,
Why have you forsaken me, / In your eyes forsaken me, / In your thoughts forsaken me, / In your heart forsaken, me oh,
Trust in my self righteous suicide, / I, cry, when angels deserve to die, / In my self righteous suicide, / I, cry, when angels deserve to die;
Padre! Padre! Padre! Padre! / Padre nelle tue mani io affido il mio spirito, / Padre, nelle tue mani!
Perché mi hai dimenticato? / Nei tuoi occhi, dimenticato, / Nei tuoi pensieri, dimenticato, / Nel tuo cuore, dimenticato, oh!
Credi / Nel mio suicidio ipocrita / Io piango quando gli angeli meritano di morire. / Nel mio suicidio ipocrita / Io piango quando gli angeli meritano di morire.
Probabilmente con Chop Suey! i System of a Down hanno cercato d’indagare dall’interno, nell’oscurità della psiche, le motivazioni di coloro che, vertiginosamente, vengono coinvolti nel terribile processo mentale che porta al gesto finale del suicidio. Un volo mentale ostico, difficile a intendersi a primo impatto, soprattutto per l’esilità del brano stesso.
Per cercare di fare maggior chiarezza in merito a questo pezzo di straordinario valore, abbiamo contatto Giulio Santaniello, ottimo chitarrista ed esperto di materia spirituale, per fornirci una sua personalissima lettura di Chop Suey!:
“Quando ci si trova di fronte a un testo così criptico non è facile offrire una versione sicura del suo significato, nonostante sia breve e molte frasi vengano ripetute. Leggendo la lirica più volte si afferra subito il clima di profonda tristezza e lacerazione che porta al suicidio, parola chiave del brano; esasperazione che viene rapportata con un interlocutore umano nei versi iniziali e direttamente con Dio nel finale. I System of a Down, estrapolando i versetti dal Vangelo di Luca e di Marco, fanno terminare la canzone con una straziante richiesta d’aiuto usando le ultime parole di Gesù prima di morire in croce. Il perché di questo inserimento credo sia da collegare ad una volontà di collocare la lirica in un contesto più soprannaturale e universale. Viene da pensare alla guerra e ai suoi orrori – prosegue Giulio – al popolo che copre le sue cicatrici succube dei comandi degli stati (sia degli invasori che degli invasi) e a chi non ce la fa, ossessionato talmente dalle macabre visioni dei conflitti da pensare che l’unico rimedio per guarire sia il suicidio“.
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