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Carmen Consoli, la rinuncia a un amore di plastica

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Carmen Consoli, la rinuncia a un amore di plastica

“Ma io non posso accontentarmi se tutto quello che sai darmi è un amore di plastica”, così Carmen Consoli cantava la rinuncia all’inconsistenza di un sentimento artificiale, durante la partecipazione al Festival di Sanremo nel 1996

consoliAmore di plastica, venne presentata per la prima volta nella sezione “Nuove Proposte” di Sanremo nel 1996, l’anno in cui il Festival venne vinto da Syria. La canzone, composta da Carmen Consoli e da Mario Venuti, ottenne un modesto ottavo posto e venne inserita nell’album Due Parole. Ma l’impressione positiva della critica e del pubblico, colpiti dal particolare stile vocale della Cantatessa e dalla sua forte presenza scenica, contribuirono fortemente al successo del brano.

Il testo è insieme una dichiarazione d’amore e di rinuncia, in nome di quel necessario orgoglio che interviene nelle relazioni quando l’anima è in pericolo e la dignità viene lesa nella sua fragilità. Il video, diretto da Luca Lucini, nonostante il tema delicato della canzone, è molto ironico e ha come protagonista proprio la cantante.

Non sei per nulla obbligato a comprendermi
quasi non sento il bisogno d’insistere
tu che mi offrivi un amore di plastica
ti sei mai chiesto se onesto era illudermi

L’incipit del brano denuncia la disonestà dell’illusione e i falsi doni elargiti da questo pseudo-amore, dal quale ormai non ci si aspetta nessuna comprensione.

Ricorda tu sei quello che non c’è quando io piango
tu sei quello che non sa quando è il mio compleanno
quando vago nel buio

Ma come posso dare l’anima e riuscire a credere
che tutto sia più o meno facile quando è impossibile
volevo essere più forte di ogni tua perplessità
ma io non posso accontentarmi
se tutto quello che sai darmi è un amore di plastica

[ads2] Fa seguito l’elenco delle mancanze, delle dimenticanze che nulla hanno a che fare con la distrazione, delle assenze nei momenti difficili, del vagare nel buio senza nessuno che guidi i nostri passi, che ci faccia strada verso la serenità. A che serve dare l’anima quando anche le cose più semplici si caricano d’impossibilità? A cosa serve accontentarsi se il massimo a cui può aspirare il nostro cuore è un surrogato di sentimenti travestito da amore?

Tu sei quel fuoco che stenta ad accendersi
non hai più scuse eppure sai confondermi

Inutile nascondersi dietro facili scuse e tenere accesa una storia che sembra illuminare l’anima, ma non si preoccupa di riscaldarla, di difenderla, di farla sentire speciale. Troppo spesso i sentimenti ci portano a rinunciare o a mettere momentaneamente da parte la razionalità, nel tentativo disperato di superare gli ostacoli, ‘le perplessità’, il dislivello emozionale con cui si affronta un rapporto. Ma prima o poi tutti ci troviamo a fare i conti con la realtà, e chi si accontenta non fa altro che trascinare oltre il dovuto le ferite della finzione, la delusione delle aspettative tradite, la paura che nell’attesa che l’amore decolli, esso non farà altro che sprofondare.

E se non ci sarà nessuno a tendere la mano per salvarci dal baratro, vale davvero la pena rischiare di caderci?