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Caparezza, rock e intelligenza per una notte mozzafiato a Cava De’ Tirreni

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Caparezza, rock e intelligenza per una notte mozzafiato a Cava De’ Tirreni

La versione estiva del “Prisoner 709 tour” di Caparezza manda in estasi l’area mercatale di Cava De’ Tirreni, e regala un sold out al primo appuntamento di Cavasounds. Ecco le impressioni di uno spettacolo potentissimo in cui l’arte scenica incontra quella musicale

Lo avevamo lasciato tra il mare di coriandoli colorati ed il turbinìo di emozioni che lo scorso novembre avevano contribuito a rendere il Palapartenope di Napoli lo sfondo perfetto su cui inscenare una grandissima festa fatta di dettagli, musica ed immagini difficili da dimenticare. A distanza di diversi mesi, e con due dischi di platino ed una miriade di sold out in più nel curriculum, Caparezza non lascia ciò che è stato fatto ad un ricordo invernale ma anzi raddoppia con la versione estiva del suo “Prisoner 709 tour” che si presenta come “un sequel, o per meglio dire il vero e proprio secondo atto di quanto visto nei palazzetti. Lì eravamo chiusi in una specie di prigione mentale, mentre qui siamo finalmente liberi.”

La cornice scelta, stavolta, è quella inedita dell’area mercatale di Cava De’ Tirreni, città simbolo e punto di riferimento per gli amanti della musica dal vivo nell’intera regione, che per l’occasione ha affidato proprio all’istrionico cantautore pugliese il battesimo del concept Cavasounds, avente come scopo futuro il voler ricreare i grandi concerti vissuti in zona nei decenni passati. E probabilmente non poteva essere scelto testimonial migliore per concretizzare quest’idea.

Quello portato in scena da Caparezza, infatti, è uno spettacolo potentissimo sia dal punto di vista musicale che scenico, e che pone le sue fondamenta su di una scaletta avente ad oggetto tutti i più grandi successi composti dalla “testa riccia” nel corso della sua carriera, sapientemente uniti ed intervallati ad alcune brevi digressioni nell’ultima fatica discografica presentata più ampiamente nel corso dei precedenti appuntamenti indoor. In quest’ottica le recenti “Larsen” e “Prosopagno sia”, il cui beat eseguito su luci viola porta in piazza una bozza di discoteca a cielo aperto, si mescolano alle più datate “Mica Van Gogh”, scelta come chiusura, “Vengo dalla Luna” ( “il pezzo che non toglierò mai dalle scalette”, ipse dixit), “Fuori dal tunnel” (“quello che mi ha dato la possibilità di vivere di ciò che mi piace”), e a tanti altri successi più o meno movimentati che tra schitarrate violente e colpi di batteria ben assestati permettono di mantenere i decibel sempre al livello massimo possibile, contribuendo a creare un’atmosfera energica e piena di ritmo in cui non c’è spazio per i tempi morti e per la noia.

Quest’ultimo concetto è ulteriormente amplificato anche dalla cura quasi maniacale per la parte scenica che, sfruttando la complicità dei cambi d’abito dei protagonisti, continui e sempre abbinati al pezzo eseguito, e delle scenografie, studiate ad hoc e perfettamente inserite in ogni frangente dello show, si dimostra in grado di arricchire e riempire totalmente il palco che per l’occasione diventa un grande contenitore in cui disperdere qua e là una sequela infinita di accessori, costruzioni ed attrezzi di scena. In quest’ottica una barchetta di carta gigante, dal cui timone Caparezza simula la navigazione tra una serie di danzatrici vestite a tema in “Chinatown”, si somma al carrello a forma di serratura che diventa preda dei ballerini durante l’esecuzione di “Una chiave”, prima di lasciare spazio ad una scopa sospesa a mezz’aria, sfruttata dal cantante per guardare dall’alto la piazza sulle note di “Ti fa Stare Bene”, ed all’enorme teschio calavera che, illuminandosi a tempo di musica, sembra accompagnare la vera e propria bolgia creata dai 5mila presenti in piazza quando ad essere intonata è “Vieni a ballare in Puglia”.

Sfruttando a più riprese i ritmi incessanti che scandiscono i vari pezzi e le nubi di fumo artificiale che avvolgono lo stage, il primo a ballare e divertirsi è proprio lui: Caparezza, che non sembra accusare fatica né conoscere stanchezza mentre salta, chiama il pubblico a sè e si dimena, divorando in un sol boccone lo spazio del palco a sua disposizione che sembra essere sempre troppo ristretto per i suoi innumerevoli movimenti. I brevi vuoti lasciati dalla musica sono riempiti dalle sue parole, sempre oculate e perfettamente messe in fila a fare da incipit ad alcuni pezzi con aneddoti e curiosità che all’occorrenza servono anche per dimostrare la notevole intelligenza che da anni fa parte del bagaglio culturale trascinato dal cantante pugliese in giro per l’Italia. A ta proposito il monologo sull’iconografia cattolica o gli accenni relativi ad alcuni avvenimenti dell’anno 1968 sono solo alcune delle tante nozioni snocciolate nel corso di una serata che, vista nella sua totalità, ti lascia con gli occhi pieni di immagini da raccontare e con la voglia di vederne ed ascoltarne ancora.

Galleria fotografica a cura di Alfonso Maria Salsano: