Quando Napoleone, nel 1804, emanò l’editto di Saint Cloud stabilì che i cimiteri dovevano porsi al di fuori delle mura cittadine, non per una mancanza di rispetto nei confronti dei Lari, ma, più semplicemente, per far sì che all’interno delle città vi fossero delle migliori condizioni igienico-sanitarie.
A Calvanico pare, invece, che i defunti non godano di molte attenzioni, date le condizioni in cui si trova il cimitero comunale.
Infatti vi è un’area a lato dello stesso cimitero che doveva ospitarne un ampliamento, già dai lontani anni ’90: i lavori iniziarono ma quando nel ’98 fu decretato dai cittadini il “cambio della guardia” nella Casa Comunale di Calvanico, l’allora nuova, e ancora operante, amministrazione ha pensato bene di demolire quel poco che era stato costruito e dare vita ad un nuovo progetto che, fino ad ora, è rimasto solo disegnato su un cartello accanto al cimitero. Tale progetto ora l’amministrazione comunale cerca di affidarlo, con scarso successo, a società private e l’unico risultato raggiunto è solo uno spazio recintato in rosso affianco al camposanto calvanicese invaso dai materiali di scarto di questi “lavori in corso”. Una vera e propria discarica a cielo aperto che, inoltre, deturpa il bellissimo paesaggio calvanicese.
Un altro problema riguarda, inoltre, le lampade votive che sono gestite dalla ditta Alfano s.r.l.: tali lampade, proprio per la loro funzione, dovrebbero essere accese sempre, ventiquattr’ore su ventiquattro, ma da vario tempo a questa parte risultano spente soprattutto di notte e, talvolta, anche di giorno, nonostante i familiari degli estinti paghino, regolarmente, tale servizio con un contributo annuale di € 21,57.
Se, come Pericle sosteneva oltre 2500 anni fa, “la civiltà di un popolo si misura da come tratta i suoi morti”, allora, forse, a Calvanico, abbiamo qualche problema di civiltà.