Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, Pompei accoglierà gli immigrati per le loro competenze professionali: l’annuncio del Soprintendente Osanna
“La scelta di colpire nostro padre, una personalità riconosciuta per il suo spessore scientifico e umano, è stata dettata da una volontà precisa di scioccare l’opinione mondiale e creare la sensazione del terrore nella comunità siriana”: non ha dubbi Waleed Asaad, ultimo Direttore dell’Area Archeologica e del Museo di Palmira e figlio di Khaled al-Asaad, l’archeologo che aveva ricoperto gli stessi ruoli dal 1963 al 2003 e che ha pagato con la vita la difesa dei tesori della “Sposa del deserto”.
Vittima anche lui della stessa milizia terroristica, che lo catturò insieme al padre per poi rilasciarlo dopo sei lunghi giorni di violenze psicologiche e fisiche, Waleed ha portato la sua struggente e straordinaria testimonianza alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico insieme ai fratelli Fayrouz e Omar. “Questo corpo estraneo che si chiama ISIS – ha aggiunto – è stato creato ad arte perché si diffonda un’immagine negativa della religione islamica che, in realtà, è sorella del cristianesimo ed è basata sulla tolleranza. È un gruppo che ha adottato la politica dello shock per far invertire la tendenza dell’opinione pubblica. Sono convinto che siano stati in molti a trovare vantaggio nella sua morte, ma non sono ancora pronto a dire di più”.
Sulla possibile ricostruzione di Palmira si è soffermata la sorella Fayrouz: “Da archeologa sono convinta che è importante che il sito venga ricostruito, anche se alcuni importanti elementi sono andati totalmente distrutti e sarà difficile se non impossibile ricomporlo come era. Per me e per i miei concittadini è più importante ricostruire la città moderna, di cui sento profonda nostalgia, piuttosto che quella antica, perché è più necessario ricostruire il presente che fare un prototipo del passato”. Dopo la sua sentita riflessione, a strappare il secondo lungo e commosso applauso della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico è l’intervento del fratello Omar, che ha voluto ricordare che bisogna ancora rendere al padre l’ultimo omaggio: “Khaled era anche nostro amico e maestro, amava la sua gente e la città. Non vediamo l’ora di tornare Palmira per dargli la degna sepoltura”.
Nella serata di venerdì i tre coraggiosi archeologi hanno partecipato alla cerimonia di consegna dell’International Archaeological Discovery Award intitolato proprio a Khaled al-Asaad, insieme alle numerose autorità internazionali ospiti della Borsa. Unico riconoscimento a livello mondiale dedicato alla scoperta archeologica dell’anno, il Premio è stato consegnato a Peter Pfälzner per il rinvenimento della grande città dell’Età del Bronzo nel nord dell’Iraq, situata presso il piccolo villaggio curdo di Bassetki. “Sono profondamente onorato per questo Premio – ha detto Pfälzner – che significa tantissimo per me sia dal punto di vista professionale e scientifico che personale: ho lavorato in Siria per 30 anni e ho avuto il piacere di lavorare insieme a Khaled. Questa connessione, ricreata grazie a questo Premio, mi fa sentire ancora molto vicino a lui e al suo convinto messaggio: siate dediti al patrimonio culturale, al vostro compito di tutelarlo, in qualunque regione del mondo siete chiamati a farlo”. Il riconoscimento è stato assegnato dalla BMTA e Archeo, la prima testata archeologica italiana, in collaborazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della Borsa: Current Archaeology (Regno Unito), Antike Welt (Germania), Dossiers d’Archéologie (Francia), Archäologie der Schweiz (Svizzera).
Possono i siti archeologici, anche e soprattutto quelli sotto la tutela Unesco come Pompei in Italia e Petra in Giordania, candidarsi a svolgere un ruolo nel processo di accoglienza dei migranti che bussano alle porte dell’Occidente? Sì, secondo Massimo Osanna, Direttore del Parco archeologico di Pompei. “Ho già avviato contatti con le prefetture: queste persone sono spesso portatrici di competenze che noialtri abbiamo smarrito”. L’annuncio di Osanna è arrivato nel corso del faccia a faccia, moderato dal Vice Direttore di Rai Cultura Giuseppe Giannotti, che il Direttore di Pompei ha avuto per la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, nella Basilica Paleocristiana, con la Principessa Dana Firas, Presidente del Petra National Trust del Regno Hascemita di Giordania. Petra, come Pompei, sono stati crogiuolo di razze, culture, religioni. Rappresentano quindi un esempio di come, nell’antichità, l’accoglienza fosse un valore intangibile e indiscutibile. Nel sito giordano, che si riaffaccia alla fruibilità turistica dopo un periodo di appannamento che ha causato una graduale diminuzione del numero di visitatori in corrispondenza con le grandi tensioni che hanno attraversato l’area, ci sono stratificazioni che abbracciano diecimila anni di Storia e, dai Nabatei in poi, civiltà. “Il trust che presiedo – ha spiegato la Principessa Firas – è un’organizzazione non governativa e si muove lungo due direzioni: tutela e preservazione del patrimonio a disposizione e costruzione di un’identità condivisa legata al sito. È per questo che abbiamo avviato progetti che coinvolgono le giovani generazioni, andando nelle scuole a riprodurre la quotidianità dei nostri antenati”. Preservazione e tutela sono parole d’ordine imprescindibili anche a Pompei, dove secondo Osanna è stato ribaltato un paradigma: “In passato pensavamo che per tutelare i beni archeologici fosse necessario tenerli sotto chiave. Ci siamo sforzati di dimostrare il contrario. Grazie al Grande Progetto Pompei, abbiamo in poco tempo aperto un 50% in più di case e strade dell’antica città, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: 3,4 milioni di visitatori nel 2016, ma io sono convinto che nel giro di poco tempo si possa raggiungere e superare la soglia dei 5 milioni di turisti all’anno”.