Botta e risposta tra l’ex sindaco di Baronissi, Giovanni Moscatiello, e l’Assessore Galdi sul “social housing” del PUC.
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Vivace scambio di opinioni tra l’ex sindaco di Baronissi, Giovanni Moscatiello, e l’Assessore Galdi sulla questione “social housing” inserita nel PUC comunale.
Di recente l’ex Sindaco di Baronissi Giovanni Moscatiello, attraverso il suo profilo Facebook, ha dichiarato:
“Cari amici, abbiamo appreso che il TAR SA ha accolto la richiesta dei proponenti il “social housing” e ha stabilito che entro sei mesi dovrà essere sottoscritta la convenzione urbanistica tra il comune di Baronissi e la società proponente.
È una buona notizia per Baronissi, per il rispetto del diritto, per le esigenze di tante famiglie che hanno bisogno di una casa a prezzi più convenienti di quelli di mercato. Tale programma, già previsto dal PUC adottato dalla precedente amministrazione da noi guidata e già approvato dalla Regione Campania secondo le procedure di legge, è stato cancellato nell’attuale stesura del PUC dall’Amministrazione Valiante; non tenendo in alcun conto né le esigenze della popolazione, né i diritti consolidati in capo ai proponenti.
Abbiamo più volte, in sede pubblica e in forma ufficiale, evidenziato l’errore che si stava commettendo, invitando l’Ass. Galdi e l’Amministrazione comunale a ripensare a tale scelta inopportuna e ingiusta. Non siamo stati ascoltati. È stata più forte la volontà di cancellare ogni iniziativa lungimirante della nostra Amministrazione, che rispettare il buon senso e il diritto. Salutiamo, quindi, con soddisfazione questa pronuncia del TAR, invitando l’Amministrazione Valiante a conformarsi immediatamente al disposto della magistratura amministrativa, modificando il PUC al fine di reinserire tale utile programma edilizio e urbanistico”.
La notizia è rimbalzata su parecchi quotidiani e, la risposta dell’amministrazione non è tardata ad arrivare. Questa la risposta dell’assessore all’Urbanistica e alla Mobilità Luca Galdi: Leggo su Facebook qualche post dell’ex Sindaco Moscatiello che chiede all’Amministrazione comunale di rivedere il PUC e adeguarlo alla Sentenza del TAR. Lo invito a rileggere la sentenza che è stata dichiarata dal giudice IMPROCEDIBILE e nel merito sono state respinte tutte le contestazioni fatte dal proponente.
L’unica cosa che questa sentenza concede al proponente dell’housing è il completamento della procedura con la firma della convenzione entro sei mesi qualora sussistano i requisiti. Stessa cosa già chiesta, dalla Regione, nel 2013 (Amministrazione Moscatiello) e non ottenuta. Inoltre voglio ricordare che il nostro piano prevede la possibilità di realizzare Housing e, di venire incontro alle esigenze di alloggi a prezzo calmierato, in tutti i nuovi comparti di edificazione situati in tutte le frazioni del nostro Comune e non come previsto precedentemente, solo e soltanto a Casal Barone con una variante urbanistica di 220 alloggi in area completamente agricola.
Ribadisco che nessun obbligo ha imposto la sentenza del TAR Salerno ( N.1798/2016) all’adottando PUC e all’Amministrazione comunale di Baronissi.
Noi di Zerottonove.it abbiamo voluto intervistare il Sindaco e l’Assessore per avere migliori delucidazioni in merito e, per onor di cronaca, pubblichiamo la sentenza in questione.
Ecco la sentenza del TAR:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2024 del 2014, proposto da:
Studio Tecnico Rago Ingegneri Associati s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Marcello Fortunato, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via SS. Martiri Salernitani n.31;contro
Regione Campania, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Beatrice Dell’Isola, con domicilio eletto in Salerno, via A.Salernitana n. 3;
Comune di Baronissi, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gaetano Paolino, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, piazza Sant’Agostino n. 29;per l’annullamento
del decreto dirigenziale regionale n. 400 dell’11.6.2014, con il quale è stata disposta l’archiviazione della proposta progettuale presentata dalla parte ricorrente, di tutti gli atti connessi e presupposti
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Comune di Baronissi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2016 il dott. Ezio Fedullo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone la società ricorrente che, con il d.d. n. 376 del 28.7.2010, la Regione Campania ha approvato un avviso per la realizzazione di un programma regionale di edilizia residenziale sociale, ai sensi dell’art. 8 del d.p.c.m. 16.7.2009, e che la medesima amministrazione regionale, con il d.d. n. 62 del 3.3.2011, ha approvato la proposta da essa formulata, concernente un intervento di E.R.S. da realizzare nel Comune di Baronissi.
Lamenta che la Regione Campania, dopo aver, con nota prot. n. 0638730 del 16.9.2013, sospeso il procedimento e, con nota del 23.1.2014, comunicato “l’avvio del procedimento di archiviazione delle proposte progettuali di nuova edificazione ex decreto dirigenziale n. 376 del 28 luglio 2010 riguardante l’avviso per “Programma regionale di edilizia residenziale sociale di cui all’art. 8 del DPC 16/7/2009”, ha adottato l’impugnato provvedimento dirigenziale, con il quale ha disposto l’archiviazione della sua proposta progettuale.
Ebbene, premesso che l’impugnato provvedimento di archiviazione si fonda sul disposto dell’art 1, comma 153, l.r. n. 5 del 6 maggio 2013, sulla scorta del quale l’amministrazione regionale ha ritenuto che il programma costruttivo della parte ricorrente non fosse ammissibile a contributo, premesso altresì che la norma di cui si tratta dispone che “…la concessione di nuovi contributi o agevolazioni in favore di soggetti attuatori legittimati dalle leggi in vigore per il recupero e la costruzione di alloggi nella Regione Campania è consentita solo per interventi di recupero edilizio e non per quelli di nuova edificazione”, deduce preliminarmente la parte ricorrente che la norma, in base al suo tenore testuale, è applicabile solo alla concessione di “nuovi contributi o agevolazioni” regionali, nulla essa disponendo in ordine ai procedimenti autorizzatori già attivati e, come nella specie, “sostanzialmente definiti”.
Viene inoltre dedotto che la portata della norma citata è stata definitivamente chiarita con il comma 153 bis l.r. n. 5/2013, aggiunto dall’art. 1, comma 82, l.r. n. 16 del 7 agosto 2014, ai sensi del quale “ai procedimenti, avviati ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture 26 marzo 2008, n. 31941 (Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile) ed ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009, n. 40251 (Piano nazionale di edilizia abitativa) finalizzati a finanziare attività di nuova edificazione, non si applica la disciplina di cui al comma 153 a condizione che gli stessi siano stati avviati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 5/2013, e si concludano, con la sottoscrizione delle convenzioni tra i soggetti attuatori e la Regione, nel termine inderogabile di 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Decorso tale termine i procedimenti non conclusi con la sottoscrizione della suddetta convenzione sono archiviati in via definitiva”: a fronte della interpretazione autentica della norma de qua, fornita dallo stesso legislatore regionale, non residua più alcun dubbio, afferma la parte ricorrente, in ordine alla manifesta fondatezza della proposta domanda di annullamento.
Il provvedimento impugnato viene altresì contestato laddove trae fondamento nel parere dell’Avvocatura regionale del 17.4.2014, del quale tuttavia travisa il significato, essendosi l’Ufficio legale regionale limitato ad evidenziare le criticità della legge e la necessità di una interpretazione autentica da parte dello stesso legislatore regionale.
In ogni caso, continua la parte ricorrente, anche volendo attribuire alla suddetta norma interpretativa portata non retroattiva, il diritto della stessa alla realizzazione del programma costruttivo risulta comunque cristallizzato nel predetto ius superveniens, superando e travolgendo qualsiasi diversa determinazione negativa.
Inoltre, poiché nelle more dell’entrata in vigore della l.r. n. 16/2014 la Regione Campania ha archiviato tutti i procedimenti concernenti i programmi costruttivi richiamati nel citato comma 153 bis, ove si opinasse diversamente, questo dovrebbe ritenersi inutiliter datum.
Viene altresì evidenziato che il progetto di pertinenza della ricorrente è sicuramente riconducibile al citato comma 153 bis, atteso che il relativo procedimento è iniziato nel 2010, in forza del d.d. n. 376 del 28.7.2010, quindi prima dell’entrata in vigore della l.r. n. 5/2013, in data 3.3.2011, che con il d.d. n. 62 la Regione Campania ha predisposto l’elenco delle proposte progettuali ammesse alla procedura negoziata, tra le quali figura quella della parte ricorrente, che in data 31.7.2012 è stato redatto il verbale conclusivo di procedura negoziata.
Sotto altro profilo viene dedotto che la procedura in esame è stata recepita in un accordo di programma sottoscritto dalla Regione Campania e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 19.10.2011, ai fini dell’esecuzione del d.P.C.M. del 16.7.2009, concernente il “Piano Nazionale di Edilizia Abitativa”, il quale ha riguardato le iniziative già istruite positivamente, tra le quali quella della ricorrente, con la contestuale assunzione del relativo impegno economico, per cui la definizione, in senso positivo o negativo, della procedura volta alla attribuzione di benefici economici alla ricorrente non poteva prescindere da una manifestazione di volontà del Ministero sottoscrittore dell’accordo, secondo i principi del cd.contrarius actus, affermati dalla giurisprudenza in materia di conferenza di servizi.
Deduce ancora la parte ricorrente che l’amministrazione regionale avrebbe potuto al più revocare la propria partecipazione economico-finanziaria, senza impedire l’attribuzione alla ricorrente del diverso contributo ministeriale di cui all’art. 5 del d.P.C.M. del 16.7.2009, già definito e concesso con il citato accordo di programma: l’atto impugnato configura quindi un provvedimento del tutto atipico, in quanto non previsto né dalla normativa vigente in materia né nell’accordo di programma, con ricadute negative sull’interesse pubblico, prevedendo esso la “riprogrammazione delle risorse non utilizzate o revocate”.
Viene ancora dedotta la violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/1990, non avendo l’amministrazione intimata motivato in ordine al mancato accoglimento delle controdeduzioni procedimentali rese dalla ricorrente.
Infine, a fondamento della proposta domanda di annullamento, viene allegato che l’archiviazione è intervenuta quando i procedimenti autorizzatori erano ormai già definiti, essendo la proposta della ricorrente già definitivamente istruita ed essendo l’intervento programmato idoneo a soddisfare importanti interessi di carattere sociale, in ordine ai quali nessuna valutazione è stata operata dall’amministrazione intimata.
Per l’ipotesi poi in cui il provvedimento di archiviazione dovesse trovare corretto fondamento nella l.r. n. 5/2013, ne viene eccepita l’illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 31, 47, 97, 98 e 117 Cost., nonché dell’art. 25 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella parte in cui riconoscono e tutelano il “diritto alla casa”.
La difesa regionale, oltre ad opporsi all’accoglimento del ricorso, ha eccepito la competenza (interna) del Tribunale avente sede nel capoluogo di Regione.
Il difensore della Regione ha tra l’altro evidenziato che la proposta di housing sociale della parte ricorrente non ha mai superato la terza fase del procedimento di selezione disegnato dal d.d. n. 376 del 28.7.2010 (quella della negoziazione di cui all’art. 8, commi 2, 3 e 4), la cui conclusione è necessaria per la sottoscrizione della convenzione tra la Regione ed i soggetti beneficiari e consistente nella condivisione, da parte di tutti i soggetti istituzionali coinvolti (Regione, Comune, Provincia, soggetto proponente), del contenuto progettuale definitivo della proposta, corredato di tutti i pareri ed autorizzazioni di rito, seguita dall’emissione del decreto dirigenziale con la quale la Regione prende atto della conclusione della procedura di negoziazione, attesta la coerenza del progetto definitivo con la proposta ricompresa nel programma coordinato di interventi di cui al d.d. n. 62/2011 ed individua l’importo del contributo Stato – Regione accordato al progetto: tale decreto dirigenziale mancava alla data di entrata in vigore dell’art. 1, comma 153, l.r. n. 5/2013, con la conseguenza che il relativo intervento non era stato ancora ammesso a contributo.
La difesa regionale eccepisce anche l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse a proporlo in capo alla parte ricorrente, attesi il carattere vincolato del provvedimento impugnato.
Si è costituito in giudizio, a sostegno della posizione difensiva regionale, il Comune di Baronissi, il quale ha evidenziato, con la relazione depositata il 30.6.2016 ed in sede di discussione orale, che la mancata esibizione da parte della ricorrente dei titoli di proprietà dell’intera area interessata dal programma costruttivo costituisce circostanza ostativa alla sua eseguibilità.
Trasmessi gli atti al Presidente del T.A.R. per la Campania per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza in ordine alla questione sollevata dalla Regione Campania, gli stessi sono stati restituiti per il prosieguo del giudizio a questa Sezione Staccata, ritenuta competente a pronunciarsi in ordine al ricorso in esame.
Il ricorso quindi, all’esito dell’udienza di discussione, è stato trattenuto dal collegio per la decisione di merito.
DIRITTO
Con il ricorso in esame la parte ricorrente, promotrice di un programma di edilizia residenziale sociale presentato sulla scorta dell’”avviso pubblico per la definizione del Programma regionale di edilizia residenziale sociale di cui all’art. 8 del DPCM 16 luglio 2009, “Piano Nazionale di Edilizia Abitativa”, approvato con decreto dirigenziale regionale n. 376 del 28.7.2010, contesta la legittimità del provvedimento (decreto dirigenziale n. 400 dell’11.6.2014) con il quale è stata disposta l’archiviazione della proposta progettuale da essa presentata.
In proposito, premesso che la motivazione del suddetto provvedimento di archiviazione è incentrata sul disposto dell’art. 1, comma 153, l.r. n. 5 del 6 maggio 2013, ai sensi del quale “in attesa dell’adozione di una disciplina organica sul contenimento dell’uso del suolo in attuazione della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), la concessione di nuovi contributi o agevolazioni in favore di soggetti attuatori legittimati dalle leggi in vigore per il recupero e la costruzione di alloggi nella Regione Campania è consentita solo per interventi di recupero edilizio e non per quelli di nuova edificazione. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa ricognizione degli interventi di nuova edificazione ammessi a contributo in esecuzione di bandi già pubblicati per i quali i lavori non sono iniziati nei termini previsti, o non sono proseguiti per impossibilità sopravvenuta derivante da causa non imputabile al soggetto attuatore, oppure per i quali comunque sussistono motivi di annullamento o di revoca del provvedimento di ammissione al contributo, la Giunta regionale adotta la definitiva pronuncia di decadenza e le relative risorse sono destinate ad incremento del fondo regionale per l’edilizia pubblica”, deve subito osservarsi che non è condivisibile la tesi attorea, secondo la quale
la norma suindicata non sarebbe applicabile ai procedimenti autorizzatori già attivati e, come nella specie, “sostanzialmente definiti”.
Deve invero osservarsi che, ai sensi dell’art. 8, comma 5, dell’avviso pubblico recante la disciplina del procedimento de quo, “in esito alle conferenze dei servizi e sulla base del punteggio di valutazione, la Regione formula l’elenco delle proposte progettuali di housing sociale ammesse a finanziamento nel Programma regionale di edilizia residenziale sociale, per le quali si attiverà l’Accordo di Programma di cui all’art. 8 del DPCM 16 luglio 2010 recante il “Piano Nazionale di Edilizia Abitativa””.
Ne consegue che, non essendo stato adottato, alla data di entrata in vigore della citata norma regionale, il provvedimento di ammissione a finanziamento della proposta progettuale di parte ricorrente (essendo a quella data intervenuto il solo verbale conclusivo in senso favorevole della procedura negoziata, recante la data del 31.7.2012), la sopravvenienza della citata norma regionale, e del divieto da essa recato alla “concessione di nuovi contributi o agevolazioni” per interventi di nuova edificazione, non poteva non riguardare, in base al principio secondo cui tempus regit actum, anche la suddetta proposta progettuale (dovendo condividersi, da questo punto di vista, quanto affermato con la sentenza del T.A.R. Napoli, Sez. V, n. 4644/2015, richiamata dalla difesa regionale).
Nemmeno condivisibile è la prospettazione attorea intesa a sostenere la non applicabilità della norma suindicata al procedimento de quo, alla luce del relativo stato di avanzamento e sulla scorta della asserita portata interpretativa del comma 153 bis, introdotto nel citato art. 1 l.r. n. 5/2013 dall’art. 1, comma 82, l.r. n. 16 del 7 agosto 2014, ai sensi del quale “ai procedimenti, avviati ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture 26 marzo 2008, n. 31941 (Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile) ed ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009, n. 40251 (Piano nazionale di edilizia abitativa) finalizzati a finanziare attività di nuova edificazione, non si applica la disciplina di cui al comma 153 a condizione che gli stessi siano stati avviati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 5/2013, e si concludano, con la sottoscrizione delle convenzioni tra i soggetti attuatori e la Regione, nel termine inderogabile di 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Decorso tale termine i procedimenti non conclusi con la sottoscrizione della suddetta convenzione sono archiviati in via definitiva”.
Deve osservarsi, in primo luogo, che dalla suddetta norma sopravvenuta non possono essere inferiti elementi di illegittimità a carico dell’impugnato provvedimento di archiviazione, il quale è coerente con il quadro normativo vigente alla data della sua adozione: né essa è suscettibile di atteggiarsi, come assume la parte ricorrente, come norma di mera interpretazione autentica, atteso che l’applicazione del divieto di concessione di contributi a favore delle proposte concernenti programmi costruttivi di nuova edificazione, che non siano pervenuti alla fase conclusiva dell’ammissione a finanziamento, trova il suo univoco fondamento nel dettato testuale del citato art. 1, comma 153, l.r. n. 5/2013 e nel richiamato principio secondo cui tempus regit actum.
Nondimeno, ritiene il Tribunale che il sopravvenuto art. 1, comma 153 bis, l.r. n. 5/2013, nonostante la sua valenza sostanzialmente innovativa, sia suscettibile di riverberare effetti vantaggiosi per la parte ricorrente, tali da consentire di dichiarare l’improcedibilità del ricorso, in quanto inidoneo ad arrecare alla stessa, nell’ipotesi di suo accoglimento, alcuna concreta utilità.
Deve premettersi che il provvedimento con essi impugnato dispone l’”archiviazione” della proposta progettuale di parte ricorrente.
L’”archiviazione”, pur essendo idonea a ledere con carattere di immediatezza l’interesse al bene della vita perseguito dal soggetto promotore del procedimento amministrativo, quantomeno in forza dell’arresto procedimentale che esso determina, non costituisce l’espressione ultima della posizione assunta dall’amministrazione in ordine alla spettanza di quel bene a favore dell’interessato: essa denota infatti, semplicemente, la collocazione dell’istanza in una situazione di “quiescenza” procedimentale, dalla quale essa è suscettibile di essere riscattata nell’ipotesi di sopravvenienza di fatti atti a rimuovere la causa dell’archiviazione e quindi a consentire l’ulteriore corso del procedimento amministrativo.
Nella fattispecie in esame, essendo l’archiviazione derivata dalla entrata in vigore, successivamente all’avvio del procedimento di finanziamento, da una norma sopravvenuta ostativa alla sua favorevole definizione, il “fatto” idoneo a rimuoverne la causa, omogeneo ad essa, è appunto individuabile nella introduzione di una nuova disposizione che, come l’art. 1, comma 153 bis, l.r. n. 5/2013, consenta entro certi limiti ed a determinate condizioni la definizione del procedimento de quo in senso favorevole al soggetto istante.
La conferma di tale conclusione, con specifico riferimento al procedimento in esame, è rinvenibile nello stesso disposto dell’art. 1, comma 153 bis, l.r. n. 5/2013, laddove prevede che, decorso inutilmente il termine di 6 mesi dalla sua entrata in vigore senza che sia stata sottoscritta la convenzione tra il soggetto attuatore e la Regione, il procedimento è “archiviato in via definitiva”.
La norma conferisce infatti all’”archiviazione” già eventualmente disposta carattere provvisorio, prevedendo che solo in conseguenza dell’inutile decorso del termine suindicato essa assuma carattere definitivo, e, nello stabilire che al procedimento in discorso, nel ricorrere delle condizioni da essa previste, “non si applica la disciplina di cui al comma 153”, disegna insomma una fattispecie di autotutela, d’ufficio e doverosa, che impone all’amministrazione di riattivare il procedimento, eventualmente già interessato da una determinazione di archiviazione, procedendo alla “tempestiva e temporanea” rimozione di quest’ultima (siccome destinata ad essere sostituita da un provvedimento di “archiviazione definitiva” o dalla sottoscrizione della convenzione di finanziamento).
Né possono sussistere dubbi in ordine all’applicabilità dell’art. 1, comma 153 bis, l.r. n. 5/2013 alla fattispecie in esame, ricorrendo il presupposto relativo all’avvenuto avvio del procedimento “anteriormente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 5/2013”, mentre, quanto alla condizione della sottoscrizione della convenzione tra il soggetto attuatore e la Regione “nel termine inderogabile di 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”, l’impossibilità per le parti, determinata dal factum principis rappresentato dal provvedimento impugnato, di rispettare il suddetto termine impone di farlo decorrere dalla data di comunicazione alle stesse della presente sentenza.
Resta solo da precisare che nel suddetto arco temporale, naturalmente, potranno essere emendate le carenze evidenziate dalla Regione Campania e dal Comune di Baronissi, ove effettivamente sussistenti, essendo la proroga ope legis di sei mesi del procedimento appunto finalizzata a consentire la realizzazione delle condizioni del finanziamento ancora carenti.
L’improcedibilità del ricorso consente di prescindere dall’eccezione di inammissibilità dello stesso, formulata dalla difesa regionale.
Sussistono infine, in considerazione della peculiarità dell’oggetto della controversia, giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2024/2014, lo dichiara improcedibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Giovanni Sabbato, Presidente FF
Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore
Paolo Severini, Consigliere
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