L’assicurazione che nega il risarcimento danni per malafede e/o colpa grave subisce condanna a maggiori spese processuali
(Tribunale di Tivoli, Sentenza n. 2428/2015)
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L’assicurazione che nega il risarcimento stragiudiziale può essere condannata in giudizio ad una maggior somma di spese processuali per cd. lite temeraria, ex art. 96, ult. comma, c.p.c., se ha agito con mala fede e/o colpa grave cioè se consapevolmente oppure con evidente negligenza ha assunto una condotta inadempiente.
E, infatti, il giudice di Tivoli, con sentenza n. 2428/2015, oltre a concedere il risarcimento per oltre 200 mila euro di danni occorsi ad un pedone investito da due auto, ha condannato le rispettive assicurazioni al pagamento del quadruplo delle spese processuali in favore dell’attore-danneggiato e del suo legale.
Il giudice, in sostanza, ha applicato la norma predetta – spesso disapplicata – rilevando che le società di assicurazione avevano negato il pagamento nonostante le loro evidenti responsabilità di omissione di garanzia ed avevano atteso il giudizio azionato dall’attore con l’intento di rinviare il risarcimento – approfittando del grave e noto ingolfamento giudiziario italiano – nonchè sperando nel vantaggio di eventuali errori difensivi e/o processuali. Ciò, in quanto, spesso i danneggiati non ricorrono ad un legale e a volte essi vengono mal assistiti e quindi le assicurazioni evitano di pagare finché non venga emessa una sentenza oppure fino al momento in cui non è irragionevole ritenere che quel determinato processo si concluderà con una sentenza di accoglimento delle pretese della vittima.
L’art. 96, ult. c., c.p.c. può e deve essere applicato solo se la parte perdente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, in quanto, in mancanza di questi requisisti, il solo agire o resistere in giudizio finirebbe per essere qualificato come condotta scorretta e/o illecita (v. Tribunale Verona 28 febbraio 2014), laddove invece il diritto di difesa è principio cardine ex art. 24 Cost. Questo per dire che resta fermo il fondamentale e generalissimo principio di difesa innanzi un giudice terzo allo scopo di raggiungere non tanto la verità sostanziale dei fatti ma quantomeno una verità processuale rispettosa del diritto al contraddittorio sancito dal cd. giusto processo di rango costituzionale.
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