A ZONzo va ad Apice, in provincia di Benevento, per una lezione di “paesologia” fotografando l’abbraccio vivo tra natura e memoria
Apice è un paesino fantasma del Sud ed è la tappa di oggi della nostra rubrica di viaggi, che, la settimana scorsa, ci ha portato nelle isole Baleari (per consultare l’articolo, clicca qui).
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Al Sud ce ne sono tanti e, forse, sono destinati a diventare sempre più numerosi i borghi che restano senza abitanti. Apice e tutti i suoi paesi fratelli sono i luoghi in cui poter fare una lezione della “scienza” cara a Franco Arminio: la “Paesologia“.
Allora, un sabato mattina, armati di macchina fotografica, la nostra direzione diventa Apice; il fascino delle parole del “paesologo” di Bisaccia ci ha smosso l’animo orientando il nostro sguardo verso i paesi, e diventiamo sempre più consapevoli che, davvero, “La nostra salvezza è la poesia che c’è nelle nostre terre“!
Apice è un borgo arroccato in provincia di Benevento con radici profonde e antiche che risalgono al I secolo d.C.; la storia di Apice, però, cambia ritmo, diventando più lenta e silenziosa, dall’anno del suo abbandono: il 1980.
Come è successo per tanti paesi italiani del Sud, il terremoto è stato la causa dell’abbandono da parte degli abitanti del borgo in direzione di uno nuovo, spesso creato dal Comune. Qui, infatti, con le scosse del 1980 gli abitanti abbandonarono il paese per spostarsi sulla collina di fronte; non tutti chiusero le porte delle loro case e delle loro botteghe ricominciando la propria vita e la propria attività a poca distanza. Tra i pochi che rinunciarono a lasciare il paese vecchio per il nuovo, rimase nella sua bottega, fino al 2013, il barbiere.
Alcuni lavori di recupero sono in corso e altri sono in programma, ma Apice avrebbe bisogno, innanzitutto, di essere conosciuta; un’ordinanza del comune, invece, ne vieta l’ingresso perché, purtroppo, qui al Sud, nell’Italia dei paesi fantasma, gli uomini-sciacalli sono complici di questa morte lenta.
Appena arrivati ad Apice, vengono allertati polizia municipale e carabinieri. La strada è sbarrata e, nonostante la nostra richiesta di fare un’escursione fotografica in paese, restiamo fuori e sorvegliati a vista. Decidiamo di allontanarci per un po’ e, al nostro rientro, riusciamo finalmente a trovare una via d’accesso al paesino non controllata. Il nostro giro, però, dura poco; alcuni abitanti ci avvisano che i carabinieri ci stanno cercando. Quel poco di tempo ad Apice ci è bastato per portare a casa, ritornando nei nostri paesi e nelle nostre cittadine vive, una lezione di “paesologia” da raccontare.
Qui la vita scorre al ritmo di un tempo diverso rispetto a quello delle città; qui c’è il tempo sulle cose, che consuma le mura e riga il legno, e il tempo della natura, che cresce senza freni abbracciando abitazioni, muri, finestre e balconi.
Restiamo affascinati dal groviglio di ciò che cresce e ciò che muore. Da un lato c’è la vita, quella forte della natura, che s’impossessa di tutto e non ha padrone; dall’altro c’è la memoria che sta morendo, colpita dagli sciacalli che portano per sempre via, insieme alla loro refurtiva da rivendere, l’anima di Apice.
Nel silenzio interrotto dai nostri passi, ci ritroviamo ad entrare nelle case ancora vive degli apicesi; ci sembra di vederli muoversi nelle case basse, costruite in pietra, e svolgere i loro mestieri.
Le officine e le botteghe, così belle e piene di passione per il lavoro, ci parlano della storia di uomini ancora vivi; anche se non sono più qui, c’è vita in tutto quello che hanno lasciato ad Apice e, scattando le nostre foto, sorridiamo perché, almeno per noi, non morirà la loro memoria.
Tra tutta la polvere, ad Apice scopriamo qualcosa che vale ovunque: i ricordi non fanno polvere, non si arrugginiscono e non si consumano con il tempo. Il ricordo è ciò che resta sempre!
Nel nostro camminare con passo consapevole, diventiamo i custodi della memoria; non sentiamo più il peso grève del passato, ma ci riempie di forza la vita che abita le case con le porte rotte, le finestre senza i vetri, le officine senza gli operai, le botteghe senza i bottegai e le scale senza i gradini.
Qui ad Apice scopriamo il valore di una frase che, forse, senza aver visitato questo borgo non ci avrebbe fatto riflettere: “Chi non ha rovine, non ha Storia” (Valeriu Butulescu).
Ad Apice con A ZONzo abbiamo capito che bisogna andare più spesso alla scoperta dei paesi per scoprire il valore della vita!