Diciassette anni dopo la tragica alluvione che colpì i Comuni di Sarno, Siano, Quindici e Bracigliano, Legambiente denuncia inadempienze e malgoverno
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Sono passati ben diciassette anni dalla tragica alluvione del 5 Maggio 1998, ma nulla è cambiato nella gestione dell’emergenza in Campania.
Legambiente, infatti, denuncia: “Piuttosto che rassegnarsi alle tragedie annunciate, si passi dalle parole ai fatti. Ai candidati governatori chiediamo di assumere impegni concreti per fronteggiare il dissesto idrogeologico che nella nostra regione coinvolge ben 504 comuni e interessa il 19 per cento del territorio”.
A diciassette anni dalla frana che colpì i Comuni di Sarno, Siano, Quindici e Bracigliano “la prevenzione e la manutenzione del territorio rimangono assenti nell’agenda politica degli amministratori campani. La lotta al dissesto idrogeologico, agli incendi, all’abusivismo edilizio è una questione di governo del territorio, quotidiana, prioritaria, qualcosa del tutto diverso dagli interventi e da una politica dell’emergenza che continua invece ad essere portata avanti”.
È la denuncia di Legambiente in occasione dell’anniversario dell’alluvione di Sarno.
“Il 19 per cento del territorio regionale – denuncia Legambiente – oltre 2.500 chilometri quadrati e 504 comuni coinvolti, è ad alta criticità idrogeologica. Pensare di continuare ad agire intervenendo soltanto a sciagura avvenuta non significa soltanto lasciare in balia degli eventi centinaia di migliaia di persone, ma è anche un enorme sperpero di denaro pubblico visto che, secondo le stime basate sugli interventi proposti in questi anni, servirebbero oltre 30 miliardi di euro per intervenire e diversi decenni per poter completare le opere”.
Legambiente chiede ai candidati governatori della Campania di mettere tra le priorità dei loro programmi la tutela del territorio e la lotta al dissesto idrogeologico, con interventi che possano garantire l’aumento della sicurezza dei cittadini e che rappresentano anche un investimento in termini ambientali, riduzione dei danni al territorio e alle attività economiche.
La gestione del territorio, attraverso presidi territoriali e il coinvolgimento dei soggetti interessati e delle diverse discipline tecnico-scientifiche, permette, inoltre, di creare nuova occupazione a partire da quelle aree, come le aree interne, che oggi sono le più disagiate sotto questo punto di vista.
“Nella nostra regione, così come in gran parte d’Italia, la responsabilità dei disagi, dei danni, della melma e del fango che mettono a repentaglio vite umane e mettono a rischio case e strade, va ricercato soprattutto in anni di malgoverno, nell’assenza di controlli, nella mancanza di una politica di prevenzione e monitoraggio del territorio, nella devastazione e cementificazione di vastissime aree” – dichiara Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania.
“La gestione accurata e sistematica del territorio e la formazione e informazione ai cittadini sui comportamenti da tenere in caso di frane e alluvioni, devono essere una priorità politica. Sarebbe auspicabile passare dalle parole ai fatti e ci auguriamo che i candidati al governo della Regione Campania prendano finalmente atto di questa emergenza che da troppi anni carica la collettività di un costo enorme, sia in termini di perdite di vite umane che di distruzione del territorio e di sperpero di denaro pubblico”.
“Piuttosto che rassegnarsi alle tragedie annunciate – prosegue Chiavazzo – serve dunque muoversi su due fronti.
Il primo, di tipo immateriale con efficacia immediata, a costi sostenibili e attuabile in tutte le aree a rischio, in grado di far salve le vite umane, consistente nella messa a regime di sistemi di previsione, allerta e allontanamento, attraverso presidi territoriali, piani di prevenzione, informazione/addestramento delle comunità coinvolte.
Il secondo, di tipo strutturale con efficacia nel medio-lungo termine, con costi da programmare nel tempo, a valle di una seria pianificazione, prevedendo prioritariamente la delocalizzazione delle strutture a rischio. Basta, dunque, con interventi di mitigazione del rischio come vasche, argini, briglie, che non sono in grado di garantire l’effettiva riduzione a classi di rischio “R0” o “R1” ”.
Secondo ultimo dossier Ecosistema Rischio di Legambiente l’83% del campione dei comuni intervistati ha nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio idrogeologico e il 29% presenta interi quartieri in tali aree. Sebbene l’80% di questi comuni si è dotato di un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, solo il 16% è risultato dotato di un sistema di monitoraggio e allerta che li possa rendere efficaci nella prevenzione.
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