14 giugno 2013
A metà strada tra un Europeo ed un Mondiale, la Confederations Cup è una sfida tra continenti, occasione di un confronto di scuole calcistiche e panorami differenti, vero banco di prova per l’elite dei vincitori e per l’organizzazione pre-mondiale.
Nata nel 1981 come Mundialito o Copa de Oro ed evolutasi fino ad arrivare agli anni novanta, sotto l’egida della FIFA nell’attuale formula, mette in competizione i team nazionali più forti dei sei continenti calcistici. Tra le otto sfidanti, c’è anche l’Italia ed il primo dovere di Prandelli e dei giocatori è quello di onorare la manifestazione. Non una competizione da sottovalutare, anzi, ma dalla quale prendere importanti spunti per cementare quelle che saranno le idee di gioco e di gruppo per il Mondiale dell’anno prossimo. Quattro anni fa, il cammino della Confederations in Sudafrica fu molto deludente e tant’è che l’anno dopo la spedizione iridata da campione in carica fu fallimentare.
Per questo affrontare le tre partite del girone con serietà, impegno e voglia di vincere, sarà importante per dare un segnale e per pesare le ambizioni del gruppo Azzurro, alla luce delle deludenti prestazioni con Repubblica Ceca ed Haiti.
Saranno il Messico, Campione olimpico in carica, il Brasile di Neymar, all’esame della verità in attesa del Mondiale, ed il Giappone di Zaccheroni, gli avversari degli Azzurri nella prima fase. Nell’altro girone, invece, a sfidarsi saranno la Spagna che negli ultimi 5 anni ha vinto tutto, l’Uruguay di Suarez e Cavani che rappresenta la migliore Celeste dai tempi d’oro, la meteora Tahiti e la Nigeria.
Esame della verità per il Brasile anche dal punto di vista organizzativo. Belo Horizonte, Brasilia, Fortaleza, Rio De Janeiro, Recife e Salvador sono le città che ospiteranno le 16 partite del torneo. Sarà questo il primo importante appuntamento che precede il Mondiale del 2014 e le Olimpiadi del 2016. Il Paese, guidato dal carismatico Lula ed in forte crescita economica è chiamato a dare conferme importanti dal punto di vista gestionale ed amministrativo.
L’Italia ha bisogno di proseguire il cammino intrapreso un anno fa in Polonia ed Ucraina, sotto l’aspetto della crescita, del gioco e dell’ambizione. Il lavoro di Prandelli, a parte qualche leggera battuta d’arresto, ha dato i suoi frutti, rigenerando il gruppo ed inserendo di volta in volta i migliori prospetti del Calcio Italiano, serbatoio in crescita, considerando anche il potenziale dell’Under-21. I presupposti per far bene ci sono. È vero che la storia dice che chi vince la Confederation Cup non riesca poi a trionfare anche al Mondiale, ma aldilà delle scaramanzie, meglio fare bella figura in questo torneo tra nazionali.