1828. La Rivolta del Cilento degli Artisti Cilentani Associati è un musical toccante, che trascina nel binomio speranza/tragedia verso la libertà, restando quasi sospesi nel tempo
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Prologo istituzionale al musical 1828: La Rivolta del Cilento
Il Sindaco di San Giovanni a Piro, Ferdinando Palazzo, in occasione della manifestazione “Serate…in piazza San Rocco” a Bosco, parla di una semplicità che contiene già il divertimento, l’equilibrio tra cultura e turismo con la riscoperta di un valore aggiunto insito nei luoghi del Cilento, in paesi spesso periferici rispetto ad un discorso turistico esteso.
Mauro Navarra, il direttore artistico del gruppo Artisti Cilentani Associati, in sintonia con il Vicesindaco di San Giovanni a Piro Pasquale Sorrentino, sente di presentare il musical nella piccola piazza ricostruita dopo i bombardamenti come il momento di un nuovo turismo culturale: sensibile ai luoghi e aperto ad un pubblico variegato ricerca l’originalità e il sacrificio di essere meno “visibile” alla massa, ma più autentico, più impegnato, più sensato.
Dentro la vita dell’arte. 1828: La Rivolta del Cilento in scena a Bosco
È un’estate, quella del 1828 nel Cilento, pregnante di speranze e desiderio popolare di riscattarsi dalle ingiustizie, rivendicando la Costituzione concessa da Ferdinando di Borbone nel 1820, oggi succeduto dal figlio Francesco I.
L’anima dell’insurrezione è il noto canonico Antonio Maria De Luca di Celle di Bulgheria, appoggiato dalla società segreta dei Filadelfi che s’intreccia con i moti rivoluzionari dei fratelli Capozzoli di Monteforte, delle famiglie Riccio e De Mattia (alcuni e veloci riferimenti anche ad altri paesi del Cilento importanti in questa fase).
In questo scenario, la figura più spietata è il maresciallo Francesco Saverio Del Carretto, che porta alla fucilazione dei ribelli, alla distruzione di Bosco, ad una mortificazione umana e sociale che ha lasciato una macchia nera nel regno borbonico.
Siamo a Bosco, davanti a noi la chiesa storica rimasta (San Rocco), che ha assorbito il sangue delle vittime dopo aver custodito le speranze di un popolo che non ha atteso il riscatto, ma l’ha preteso e inseguito, lasciandosi penetrare dai colpi dei fucili sotto l’ordine Del Carretta. La memoria è, dunque, una sanguinosa vicenda che ha strozzato il tentativo di emanciparsi, un’efferata crudeltà che ha sopraffatto il valore della libertà, la sepoltura di corpi cogitati dalla rivendicazione, un epilogo fumoso e a colpi di fucile che ha portato al tormento e al dolore di madri e familiari, costretti a gesti esasperati di fronte al tradimento.
Bosco, cuore pulsante dei moti rivoluzionari del 1828, simbolo di un passo della storia che ha segnato forse anche il destino del Cilento, è una scenografia che dà alla rappresentazione un’energia che appare come vita. Gli attori in scena quasi non recitano per interpretare con una profonda empatia i testi densi di storia ed emotività, lasciandosi travolgere dalle musiche di Mauro Navarra e Angelo Loia, in un misto di sonorità cilentane e partenopee con una melodia figlia del binomio speranza/tragedia.
Diviso in scene “geografiche” e “temporali” che narra le vicende su una linea parallela tra luoghi e momenti di guerra o vittoria, 1828: La Rivolta del Cilento attraversa la storia ma anche l’anima dello spettatore, che si può perdere negli occhi luminosi, quasi gementi degli interpreti nel movimento vorticoso dei corpi, che dalla danza in onore della mietitura metafora di speranza, si spegne nelle struggenti e silenti urla di dolore.
Le luci dirette da Giuseppe Navarra sono la traduzione psicologica della storia di speranze e inganni, soprusi e scelte fatali; catturano il corpo protagonista della scena e lo proiettano nel tempo. Il tempo, infine. Si percepisce un tempo mitologico, che rende orgogliosi i cilentani, un tempo sospeso in un’irrealizzata vittoria che si alimenta di una speranza sacra.
Il musical, diretto da Alina Di Polito (autrice dei testi insieme a Simona La Porta), possiede un alone di fascino che incanta, inserisce il pathos alle pagine di storia, fa pulsare di vita anche le pietre del paese. I cani della piazza più volte entrano in scena attratti dall’autenticità con cui si esprimono gli attori/personaggio.
Uno spettacolo che mette in crisi il limite tra scena e realtà, ingloba tutto ciò che è del luogo per diventare vita, arte che s’incontra con la vita del Cilento: una terra che, tra speranza e sangue, ha compiuto il percorso verso una libertà universale.
Questa sera lo spettacolo è all’Antiquarium di Palinuro, ore 21.30, mentre il 13 agosto sarà ad Omignano.
Foto a cura di Gioacchino Cavaliere – Licusati Nel Mondo
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