In Campania, e in primis nella provincia di Salerno, si registra il record negativo per gli incendi boschivi. Legambiente: “Gravi ritardi della Regione nell’approvazione delle misure di prevenzione e contrasto. Ora occhio e vigilanza sulla bonifica. Sarno insegna dopo gli incendi arriva il fango”
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Maglia nera alla Provincia di Salerno per gli incendi che hanno devastato la Campania negli ultimi mesi: con 6.007 ettari pari al 46% della superficie totale regionale bruciata, seguita dalla Provincia di Napoli con 3.143 ettari con il disastro ambientale del Vesuvio e dalla Provincia di Caserta con 3.064 ettari.
In Campania sono 13.037 gli ettari bruciati da fiamme criminali in tre mesi, quattro volte la superficie bruciata nel 2016.
Questi gli ultimi dati, aggiornati al 26 luglio, elaborati nel dossier sugli incendi 2017 da Legambiente, e raccolti dalla Commissione europea nell’ambito del progetto Copernico per monitorare e mappare uno dei fenomeni più devastanti in Italia e nel resto d’Europa.
“Numeri drammatici – commenta Legambiente – con inestimabili danni agli ecosistemi colpiti ed effetti sulla già precaria tenuta idrogeologica del territorio e sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici. A cui si aggiunge un danno economico enorme se ogni ettaro di bosco distrutto dal fuoco, costa alla collettività circa 20mila euro tra attività di spegnimento e rinverdimento, smaltimento dei residui e legna perduta nell’incendio”.
Nel dettaglio – denuncia Legambiente – nel mese di luglio abbiamo assistito a tre giorni di fuoco: dal 11 al 13 luglio in tutte le province, nessuna esclusa, le fiamme sviluppatesi quasi in contemporanea hanno distrutto 4.828 ettari, in 72 ore bruciata, il 37% della superficie totale in questi ultimi tre mesi.
“Se è vero che le temperature torride e la scarsa manutenzione dei boschi rappresentano un mix esplosivo per l’innesco – ha commentato Michele Buonomo, presidente regionale Legambiente – la Campania, però, salvo eccezioni, brucia per colpa della mano criminale dell’uomo, piromane o no, per il perseguimento di interessi economici. Appalti per manutenzione e rimboschimenti, assunzioni clientelari del personale forestale (addetto agli spegnimenti e alla manutenzione), guardiani e imposte, estensione delle superfici destinati al pascolo, e ancora per ritorsione nei confronti di chiunque gli sbarra la strada o come mero strumento di ricatto politico”.
“Mani – ha proseguito Buonomo– agevolate dai ritardi nella pianificazione territoriale che sono sotto gli occhi di tutti così come i gravi ritardi da parte della Regione Campania nell’approvazione delle misure di prevenzione e contrasto”.
“Ora – ha concluso Buonomo – non bisogna abbassare la guardia, proseguire e intensificare avvistamento a terra in esordio, primo antidoto alle fiamme e parallelamente vigilare sull’attività di bonifica e assicurare efficaci attività di previsione, allerta e allontanamento laddove sussistano condizioni di rischio. Le tragedie del passato, da Sarno a Nocera, dimostrano che dopo gli incendi arriva il fango.
“La regione – denuncia Legambiente – si trova in fortissimo ritardo con le attività di prevenzione e gestione delle emergenze. Ha approvato solo il 21 luglio il Piano AIB 2017 e le relative modalità attuative e ha definito e sottoscritto solo il 15 luglio la convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate, destinando la somma complessiva di circa 600.000 euro. Ha emanato solo il 4 luglio le ordinanze sugli incendi boschivi, trasferendo le competenze dall’assessorato all’Agricoltura a quello alla Protezione Civile, senza però accompagnare il passaggio con un trasferimento di uomini e mezzi”.
“Ad oggi, inoltre, non risulta il passaggio in cui avrebbe dovuto indicare il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi con relative fasce di età e in regola con la certificazione di idoneità fisica. Non si hanno notizie sull’attivazione dei Centri Operativi Provinciali (COP) per aumentare efficacia ed efficienza nel coordinamento degli interventi a scala territoriale locale” – concludono da Legambiente.
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