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La città ribelle, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris presenta il suo libro a Salerno

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La città ribelle, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris presenta il suo libro a Salerno

Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha presentato a Salerno il suo libro La città ribelle – Il caso Napoli, scritto insieme alla giornalista Sarah Ricca e corredato dai contributi di Erri De Luca e Maurizio De Giovanni. L’evento è stato organizzato dal consigliere del comune di Salerno Dante Santoro

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Nel pomeriggio di sabato 6 maggio, il primo cittadino di Napoli Luigi de Magistris, si è recato a Salerno per presentare La città ribelle – Il caso Napoli, il suo libro scritto con la giornalista Sarah Ricca e con le collaborazioni degli scrittori Erri De Luca e Maurizio De Giovanni. La presentazione del libro, edito da Chiarelettere,  è stata organizzata dal consigliere salernitano Dante Santoro presso la Sala Moka.

La città ribelle narra del percorso politico di De Magistris, dal sofferto abbandono della carriera nella magistratura alla sua discesa in politica, iniziando con l’esperienza all’europarlamento, passando alla rottura con il MoVimento 5 Stelle fino al raggiungimento del doppio mandato come sindaco di Napoli. Un vero e proprio manifesto politico del sindaco ex magistrato, giurista d’eccellenza – nonostante durante la conferenza si sia umilmente autodefinito ‘mediocre’ – che è stato in passato coinvolto nelle più scottanti inchieste riguardati casi di  corruzione politica. Si tratta della raccolta della testimonianza politica di questi anni a Napoli, affinché si diffonda anche nei luoghi ancora colpiti dalla propaganda mediatica che la dipinge come una città senza speranze. Napoli è ancora inferno, ma c’è anche il purgatorio ed il paradiso è la metafora quasi dantesca che il sindaco utilizza.

Luigi De Magistris è un sindaco di strada antisistema ed antipartitico, ma non antipolitico: “Rappresentiamo una forza di liberazione per quelli che credono nella difesa di beni comuni, che credono alla lotta per una politica con le mani pulite. Non è vero che c’è l’antipolitica, quella è il frutto di chi fa la brutta politica. C’è, invece, grande voglia di politica ed io lo vedo ogni giorno girando per la mia città”. Ha poi spiegato come siano gli stessi napoletani i primi ad essere coinvolti in questo processo di liberazione, resistendo ai governi centrali che negli ultimi anni hanno cercato di far crollare questo iter di rivoluzione.

Ed è proprio rivoluzione uno dei termini chiave che De Magistris usa, ovviamente sempre poggiandosi sulle fondamenta costituzionali. Perché in 80 anni la Costituzione non è mai stata applicata? Perché è un testo troppo rivoluzionario, dà troppo potere al popolo. Allora come applicarlo? Con il diritto, cioè formando delle regole che possono coincidere con la giustizia. E noi stiamo cercando di far avvicinare la giustizia alla legalità. Quante cose legali sono ingiuste e quante illegali sono giuste? Quando si inizia ad utilizzare il diritto, in un’ottica costituzionalmente orientata, che emancipa le persone e le fa esplodere nella loro potenzialità, il risultato è quello di avvicinarle alle istituzioni. Se ci convinciamo che il vero potere forte è il popolo, il sistema criminale perde. Questo è uno dei punti su cui batto ne ‘ La città ribelle ‘ ”.

Il discorso sorge a proposito dello strangolamento finanziario subito da parte dei gradi poteri, tanto politici quanto criminali, nel tentativo di bloccare un progetto di città in cui gli abitanti stanno capendo che una maggiore vivibilità, produce una maggiore cultura e dunque anche una maggiore spinta economica.

Cerchiamo di legalizzare le cose che prima erano considerate illegali, come gli artisti di strada e i venditori ambulanti produttori di artigianato, nel rispetto delle regole della società, per consentire a soggetti che svolgono attività innocue ma legalmente fuori norma di regolarizzarsi. Ad esempio abbiamo creato ‘l’ambulantato itinerante’, una creazione giuridica made in Napoli. Se si rispetta il territorio e si producono servizi e prodotti di qualità e ci si regolarizza, perché non consentire lo svolgimento di tale attività? Ecco, dunque, il diritto, che non è solo uno strumento di repressione, ma il più grande mezzo di trasformazione della società che si mette in connessione con le lotte di liberazione popolare”.

Ha poi proseguito il discorso, focalizzando notevolmente l’attenzione sui temi della della gestione dei servizi pubblici – dell’urgenza di “rompere il rapporto tra impresa, affari, politica e criminalità organizzata – e  della valorizzazione del patrimonio cittadino. Un patrimonio che non è più in un’ottica esclusivamente monetaristica, ma che si incentra sull’uso sociale lasciando ampio spazio alle decisioni del territorio attraverso assemblee popolari.

Napoli è un profluvio di beni abbandonati che stiamo facendo rinascere con l’uso collettivo, anche attraverso la riscoperta di arnesi giuridici dimenticati, quali gli usi civici, le proprietà collettive democratiche, i processi autogoverno e di autogestione. Chi mi accusa di essere vicino ai centri sociali non sa che lì si trovano anche le mamme, i nonni, gli insegnanti, i medici e tutti gli abitanti del quartiere. Il bene comune è più potente del bene pubblico. E ancora più importante del patrimonio comune, sono i beni comuni, cioè quei beni di cui la collettività può avvalersi per una fruizione di carattere generale”.


Ad oggi molte delle delibere dell’amministrazione De Magistris sui beni comuni  sono state tradotte in spagnolo, francese e tedesco. Non hanno precedenti nel patrimonio giuridico del nostro paese, perché – dice il sindaco –  “hanno come architrave proprio l’attuazione della Costituzione repubblicana. A dimostrazione, come scrivo nel libro, che l’attuazione della costituzione non compete solo ai governi e ai parlamenti, che spesso ne fanno sfregio, ma a partire da ognuno di noi”.

In conclusione della presentazione de La città ribelle  il sindaco di Napoli ha porto un vigoroso e speranzoso invito alla cittadinanza intera, ed in particolare a quella meridionale, ad unirsi per portare avanti questi valori di collettività, solidarietà e correttezza civica. “Non è vero che la politica non può cambiare e che la situazione attuale non possa intraprendere una svolta migliore, ve lo dimostra la mia esperienza. Mi sono candidato senza soldi, senza giornali, senza partiti, senza lobby, senza niente. Tutto è possibile se c’è la volontà, ma ci vuole coraggio. Come magistrato sono rimasto incastrato, perché non potevo espormi e la mafia dello stato mi ha isolato e poi colpito. Ho perso, ma non mi sono perso. Ora, da politico, non mi isolo stando tra la gente. Se ci uniamo, a Salerno, a Napoli ed in qualsiasi altro territorio, possiamo fare tanto e bene”.

 

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