Si terrà domani a Castel San Lorenzo la cerimonia di commemorazione del Cavaliere Maresciallo Luigi Peduto, eroe nel lager nazista che sfamò una bimba e la madre dopo aver salvato 8 suoi commilitoni
[ads1]
Il Cavaliere Maresciallo Luigi Peduto della Guardia di Finanza, scomparso pochi anni orsono, viene internato nel 1943 all’interno del famigerato campo di concentramento di Krems, in Austria, ove conosce la vedova ucraina Mokryna Maria Yurzuk, madre di una bimba ancora in fasce, che il Sottufficiale provvede a sfamare anche con il proprio, misero pasto. I due, sopravvissuti a quell’inferno, dopo oltre 60 anni si ritrovano grazie all’emittente televisiva ucraina “Inter” e, quale rievocazione di tale evento, verrà svolta il prossimo 30 aprile una cerimonia solenne nel Comune di Castel San Lorenzo, nel corso della quale verrà donata ufficialmente alla locale comunità una statua, realizzata dallo scultore Alexandr Morgatskyy, intitolata, non a caso, “Una storia d’amore”, in analogia con quanto già realizzato nel 2013 in una delle piazze più importanti della capitale ucraina Kiev.
Due croci per aver combattuto, una per essere stato internato nei lager nazisti e l’altra di “Cavaliere dellaRepubblica”; una medaglia per aver fatto parte della gloriosa 2ª Armata e una perché “Volontario della Libertà”.
Il Cavaliere Maresciallo Luigi Peduto
Un uomo d’altri tempi, soldato nato, figlio e nipote di “Cavalieri di Vittorio Veneto”, il Maresciallo Peduto venne educato fin da bambino ai valori della Patria e della Libertà. Intorno a questi, poi, ha costruito tutta la sua vita. A cominciare da quel fatidico 10 dicembre del ’41, allorquando egli stesso chiedeva di «essere assegnato a qualunque reparto mobile del Corpo» della Guardia di Finanza, in cui era entrato da appena sette mesi. Partì il giorno dopo, assegnato alla 2ª Compagnia autonoma del Battaglione di stanza a Spalato (Croazia) agli ordini del Colonnello Veronesi. Da qui inizia, in prima linea, un’odissea che lo sballotta tra l’isola jugoslava di Scolta, di nuovo a Spalato e infine sull’isola di Curzola, nell’Adriatico.
A luglio del ’43 il ritorno sulla terraferma, a Omis. Qui, il suo plotone viene inviato in avanscoperta della divisione tedesca, con il compito di tenere a bada i terribili partigiani di Tito che avrebbero pregiudicato il passaggio degli allora alleati. Una missione alla quale il nostro Sottufficiale verrà, proprio e solo lui, inspiegabilmente sottratto dall’ordine di rientro all’accampamento diramato dal proprio tenente.
Dopo l’8 settembre 1943, la temuta ritorsione tedesca arriva con i terribili aerei Stukas. Sul terreno rimangono oltre 500 soldati italiani. Lo stesso Sottufficiale disse «a salvarmi la vita fu una trincea che nei giorni precedenti, tra la derisione dei compagni, avevo scavato e nella quale feci entrare altri 8 miei commilitoni».
L’arrivo al campo di concentramento e la fuga
Il 27 settembre il rastrellamento: dopo la conquista di Spalato, l’intera Divisione è nelle mani dei tedeschi e, attraverso la Croazia, dopo 15 giorni di cammino a piedi raggiunge il “17° B Stamlager”, il tristemente noto campo di concentramento di Krems, in Austria. Dopo solo tre giorni viene destinato alla Glanzstafdf-fabrik di St. Pòlten, una fabbrica di seta per ali di aerei, all’interno di un altro Lager, il “B105 GW”». Due anni di lavoro, fino all’aprile del ’45 quando, per l’arrivo dei russi e lo sbandamento generale, il valoroso Militare ripara nella campagna vicina, accolto da due anziani contadini ai quali si rende utile sbrigando ogni tipo di lavoro in cambio del vitto e dell’alloggio.
Quando anche i russi irrompono nella fattoria, rischia di finire fucilato, poiché scambiato per un tedesco. È la sua ultima paura. Il 19 giugno, Luigi Peduto riesce a saltare e nascondersi su un treno della Croce Rossa che trasporta prigionieri francesi feriti. Lo abbandona appena oltre la linea russa. Un sottufficiale italiano lo raccoglie e il giorno dopo è a Bolzano. Da qui a Verona e poi a Bologna da dove, con un treno raggiunge Salerno e, poi, Capaccio. Quindi, Roccadaspide.
Ricorda lo stesso Maresciallo Peduto «e fin qui senza pagare una lira…da Roccadaspide a Castello, su un carro tirato da un mulo… ben 500 lire!»; ma finalmente a casa.
[ads2]