E’ quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con una recentissima pronuncia nell’ambito del reato di stalking
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A cura dell’ Avv. Luca Monaco – Foro di Salerno
E’ quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con una recentissima pronuncia (Cass. Pen., V Sez., sentenza n. 1826/2017).
In particolare, agli imputati erano stati sequestrati due autoveicoli, ritenuti dal Gip prima e dal Tribunale del riesame dopo, strumentali alla commissione di condotte persecutorie nei confronti della persona offesa, titolare di un esercizio commerciale.
Investita della questione, la Suprema Corte rigettava il ricorso proposto dagli indagati alla stregua della considerazione per la quale i suddetti veicoli erano stati reiteratamente e strumentalmente utilizzati per porre in essere condotte persecutorie nei confronti della vittima, cagionandole un grave stato di ansia e di prostrazione.
Gli indagati, infatti, erano soliti parcheggiare, di proposito, i veicoli di loro proprietà dinanzi all’ingresso del negozio della denunciante, in maniera tale da renderne estremamente disagevole l’accesso ai clienti del negozio medesimo.
Orbene, secondo i Giudici di legittimità, non è necessario, ai fini dell’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo, nell’ambito di un procedimento per stalking, che il mezzo sia “strutturato” finalisticamente e in maniera esclusiva alla commissione del reato, essendo, invece, sufficiente il suo asservimento, purché non meramente occasionale, alla commissione dello stesso.
Ebbene, nel caso di specie, la Corte riteneva che la reiterazione sistematica e prolungata nel tempo delle molestie, perpetrate attraverso gli autoveicoli sottoposti a sequestro, avesse integrato il nesso di pertinenzialità tra questi ultimi e il reato di cui all’ art. 612 bis c.p., giustificando, pertanto, il provvedimento di sequestro preventivo; ciò al fine di evitare che la disponibilità dei veicoli in discorso potesse consentire la protrazione o l’aggravamento delle conseguenze del reato.
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